In occasione dell’81ª edizione del Festival del Cinema di Venezia, le registe Muriel e Delphine Coulin hanno presentato il loro ultimo lavoro, The Quiet Son, un adattamento dell’acclamato romanzo di Laurent Petitmangin. In una conversazione con le due registe, emergono riflessioni profonde e personali sulle dinamiche familiari al centro del film e sul processo creativo dietro la trasposizione cinematografica di un tema tanto delicato quanto attuale
Il.film mette in scena una storia familiare intensa, ma evita di affrontare direttamente le implicazioni politiche della radicalizzazione di Fus. È stata una scelta deliberata?
Muriel Coulin:”Assolutamente. Fin dall’inizio sapevamo di voler evitare un approccio didattico o politico alla storia. Il cuore del film è il legame tra Pierre e suo figlio, quel conflitto emotivo che nasce dall’incapacità di un genitore di comprendere il cambiamento del proprio figlio. Volevamo mostrare il dolore di Pierre, non spiegare il fenomeno della radicalizzazione.”
Parlando di Lindon, la sua performance è stata universalmente lodata. Come avete lavorato con lui per creare un personaggio così complesso?
Muriel Coulin: “Vincent ha un modo di lavorare molto intenso e immersivo. Abbiamo discusso a lungo su Pierre, cercando di evitare stereotipi del ‘padre distrutto’. Quello che volevamo era mostrare un uomo che si confronta con una sconfitta silenziosa, una battaglia persa senza mai davvero capire come o quando abbia iniziato a perdere.”
Delphine Coulin: “C’è una scena, in particolare, che incarna tutto questo. Quella in cui Pierre si lascia andare, abbassa la guardia e mostra una vulnerabilità che raramente vediamo nei film tra padre e figlio. È un momento prezioso, e Vincent l’ha reso magnificamente. È una scena che tocca tutti, perché chiunque può riconoscere quell’angoscia, quell’incapacità di dare un senso agli eventi.”
La relazione padre-figlio è sicuramente il fulcro del film, ma cosa potete dirci dei personaggi dei figli, interpretati da Félix Lefebvre e Julien Crepon?
Delphine Coulin: “Félix e Julien sono stati eccezionali. Ci siamo focalizzate su Pierre, e i ragazzi appaiono attraverso il suo sguardo. Non sappiamo mai esattamente cosa stiano pensando o cosa li abbia spinti a determinate scelte. Vediamo solo le conseguenze.”
Muriel Coulin:Proprio come nella vita reale, non sempre capiamo le motivazioni delle persone a noi più vicine. E spesso ci rendiamo conto che è troppo tardi per chiedere, per intervenire. Volevamo che il pubblico sentisse la stessa frustrazione, lo stesso senso di impotenza di Pierre.”
Nonostante questa scelta narrativa, alcuni critici hanno sostenuto che il film avrebbe potuto affrontare in modo più approfondito la radicalizzazione di Fus. Cosa ne pensate di queste osservazioni?
Delphine Coulin: “Credo che molte di queste critiche derivino dall’aspettativa che un film debba ‘spiegare’ un problema, soprattutto uno così complesso come la radicalizzazione. Ma il nostro obiettivo non era questo. Il nostro film parla di una famiglia, non di un movimento sociale o politico. Il mondo esterno, con tutto il suo caos e la sua violenza, rimane in secondo piano. Al centro ci sono solo Pierre e il suo dolore.”
The Quiet Son sembra essere, quindi, un film rivolto soprattutto ai genitori, ai loro dilemmi e alle loro paure.
Muriel Coulin:”Sì, in un certo senso è così. Ma non volevamo limitarci a questo. Il film è anche per chiunque abbia vissuto la perdita di una relazione importante, per chi si è trovato di fronte a situazioni che non sapeva come gestire.”
Delphine Coulin: “È un film che parla di fragilità umana. Non ci sono risposte semplici, né soluzioni facili. Come spesso accade nella vita, si tratta di raccogliere i pezzi e cercare di andare avanti. Questa è l’unica ‘morale’ che vogliamo comunicare.”