Decenni dopo gli eventi a bordo della Nostromo, un gruppo di minatori si imbatte in una nave abbandonata su una colonia spaziale remota. Quello che inizialmente sembra un ritrovamento fortunato si trasforma presto in un incubo quando scoprono che la nave è infestata da inquietanti creature aliene.
I sequel del leggendario horror spaziale del 1979, Alien, hanno spaziato dall’eccellenza sublime (Aliens) alla delusione più amara (Alien Resurrection), passando per speculazioni filosofiche contorte (Prometheus) e incroci cinematografici poco memorabili (Alien Vs. Predator).
Con la sua nuova opera, Fede Alvarez compie una mossa astuta: combina gli elementi più riusciti dei due migliori film della serie — l’originale di Ridley Scott e il seguito di James Cameron — creando una fusione che rende omaggio a entrambi.
Alien Romulus, al cinema dal 14 agosto, preserva intatto quel senso di mistero e di maestosità mitica che ha conferito alla serie il suo status iconico; lo Xenomorfo, creato dall’estro visionario di H.R. Giger, viene rappresentato con una venerazione che ne esalta la terrificante bellezza.
Come nel film capostipite, i protagonisti, semplici lavoratori, sono oppressi dall’incombente presenza della Weyland-Yutani, la corporazione che incarna un incubo capitalista. La storia si svolge sulla colonia mineraria sovietica di Jackson’s Star, un pianeta appena terraformato dove, come dice uno dei personaggi, “tutti stanno morendo”.
In questo contesto di disperazione, giovani ventenni decide di ribellarsi alle catene della schiavitù, solo per trovarsi su un’astronave diretta verso l’inferno. Sebbene i nuovi personaggi, ,molti dei quali usa e getta, non siano travolgenti come un Hudson o una Vasquez, si intravede un’eco dell’umanità spezzata di Rain (interpretata da Cailee Spaeny), riflessa nel suo complesso e ambiguo rapporto con Andy (David Jonsson), il suo “fratello” adottivo sintetico.
Il viaggio che segue, pur avendo momenti prevedibili, è un’esperienza avvincente e snervante, resa ancora più intensa dalla superba direzione artistica, dall’illuminazione atmosferica e da un sontuoso design delle scenografie. Il film brilla per l’uso di miniature, modellini, animatronica e CGI, creando un mondo tangibile e credibile.
Questo straordinario lavoro artigianale intensifica il terrore di ogni scena, in particolare nel finale che svela un capolavoro nel design delle creature, e arricchisce ulteriormente la mitologia della saga.