Diretto da Michael Greif e supervisionato dalla stessa Keys, Hell’s Kitchen è liberamente ispirato alla vita dell’artista nei primi anni a Manhattan Plaza, quartiere che vanta tra gli attuali e passati residenti nomi illustri come Timothée Chalamet, André De Shields e Tennessee Williams. Racconta la storia di Ali (Maleah Joi Moon), un’adolescente ribelle che vive con una madre single e iperprotettiva, Jersey (Shoshana Bean), che per la maggior parte del tempo le ripete di fare i compiti e tornare a casa a un’ora ragionevole.
Ali si immagina come una Rapunzel degli anni ’90, “rinchiusa in questa torre, tagliata fuori dalla città”. Desidera uscire con i suoi amici e dedicarsi alla musica, in particolare suonare il pianoforte, influenzata da un’insegnante che abita nel suo palazzo chiamata Miss Liza Jane (Kecia Lewis). Quest’ultima rappresenta per Ali una via di fuga per sottrarsi alle grinfie della madre.
Il conflitto intergenerazionale, con un sottotesto razziale (Ali è nera, Jersey è bianca), esplode quando la ragazza si innamora di Knuck, un batterista di dieci anni più grande di lei. Ali ne è ossessionata e quando la madre li scopre a letto insieme, chiama la polizia, rischiando quasi un incidente simile a quello di George Floyd.
Hell’s Kitchen si distingue dai classici musical jukebox. Quando Alicia Keys ha deciso di portare il suo cuore, la sua anima e il suo repertorio a Broadway, ha evitato di riproporre qualsiasi cliché dei biomusical. Non c’è una trasformazione da indigente a ricca, nessun viaggio da cantante da strada a star degli stadi, nessun dramma da diva.
“Parte di ciò che rende Alicia una grande artista è che non ha mai dimenticato da dove viene”, scrive Oskar Eustis, il direttore artistico di lunga data del Public, nel programma dello spettacolo. “Abbiamo bisogno di Hell’s Kitchen in questo periodo complicato. È una canzone d’amore per New York City, un ricordo di ciò che amiamo della nostra città, un promemoria di ciò che è possibile quando New York funziona come dovrebbe.”
“Hell’s Kitchen” mette in scena le complesse dinamiche sociali che affliggevano la metropoli americana negli anni ’90. Attraverso le storie intrecciate dei personaggi, il musical svela le molteplici sfaccettature della perdita, siano esse di amori passati, opportunità mancate o persino della propria identità. La presenza eccessiva della polizia nelle comunità di colore emerge come una critica sociale acuta e diventa specchio che riflette le disuguaglianze e le lotte di una città in evoluzione, chiamando il pubblico a considerare attentamente il proprio ruolo nella creazione di una società più equa