“L’infanzia è un momento della vita che ha sempre acceso in me curiosità e stupore. L’infanzia è spensierata, giocosa, inconsapevole, ma anche arrogante e violenta”. Giulio Mastromauro, regista di Bangarang, unico documentario in concorso ad Alice nella città, racconta che durante vari sopralluoghi a Taranto è rimasto incantato dai bambini di questa città, conosciuta principalmente per le tristi vicende legate all’acciaieria, la più grande in Europa, attiva dai primi anni Sessanta e teatro di uno dei più gravi disastri sanitari e ambientali della storia italiana ed europea.
Sono i bambini i veri protagonisti del documentario
Con Bangarang, Mastromauro osserva i gesti e ascolta le emozioni di un’infanzia spensierata mente sullo sfondo si consuma uno dei più gravi disastri sanitari e ambientali della storia italiana ed europea. “Ho sentito l’esigenza di raccontare questi bambini, ma non ho mai voluto speculare sulla tragedia”, dice il regista. In “Bangarang” do voce alle movenze, allo sguardo, alle emozioni degli esseri umani più piccoli”. Non ci sono adulti nel film. I protagonisti sono loro, i bambini.
Bangarang” è un racconto sorprendente che cattura l’essenza di un luogo e della sua infanzia in modo straordinario. Mastromauro si è immerso nella Natura di un territorio dove l’utopia industriale si è trasformata in una trappola della modernità, dove inarrestabile crescita economica legata all’acciaio si è realizzata a prezzo del sacrificio di magnifici ulivi e alberi da frutto, e poi sempre più colpita dall’inquinamento dell’aria, del mare e del suolo.
La potente energia collettiva dei bambini, diventa l’anima di una generazione. Un’energia incontenibile e a tratti violenta che riflette la complessità dell’esperienza di chi cresce in un luogo che sta cercando faticosamente di ritrovare una nuova identità. Con Matromauro, lo spettatore è trascinato in un’altalena di emozioni contrastanti. Momenti di euforia si alternano a momenti di inquietudine profonda dove scene di vita quotidiana assumono una luce sinistra in una comunità tradita da una classe politica di ogni colore e dalle promesse di falsi profeti.
La relazione tra Natura e umanità è il punto di vista per osservare le nuove generazioni
Bambini che vivono in un’area in cui c’è un costante contrasto tra il loro concetto di un “parco giochi a cielo aperto” e la presenza sempre minacciosa dell’acciaieria, che si trova a ridosso delle abitazioni e delle scuole. Indipendentemente dal punto di vista da cui li si osservi, l’acciaieria è un elemento permanente di questo paesaggio urbano, tanto quanto il mare e il cielo. Curiosamente, sembrano essere inconsapevoli dell’influenza costante che quest’industria ha sul loro quotidiano.
In una scena significativa del film, Mastromauro si trova nel quartiere Tramontone, di fronte al gigantesco murales raffigurante il volto di Giorgio Di Ponzio, un giovane che è scomparso a soli 15 anni a causa di un sarcoma ai tessuti molli. Questo incontro cambia profondamente la prospettiva del regista sul film, e, forse, lo cambia anche come individuo. Ciò che inizialmente sembrava essere un progetto incentrato sulla relazione tra la Natura e l’umanità nei primi anni di vita, si trasforma in una narrazione più profonda e significativa.
“Bangarang” non vuole essere un film politico o un’inchiesta sui disastri ambientali e sociali o sulle tragedie umane”, tiene a precisare Matromauro. “E’ piuttosto una testimonianza toccante della lotta della Natura per riconquistare il proprio splendore, parallela alla forza incontenibile e liberatoria dei bambini che crescono in mezzo a un ambiente in cui la bellezza coesiste con il pericolo. Il titolo, “Bangarang,” dal dialetto giamaicano, esprime infatti l’idea di tumulto e disordine, sottolineando l’importanza di restare forti, anche quando il mondo intorno sembra cadere a pezzi.