Ecco allora un “atlante della creatività contemporanea” che si compone grazie al supporto del Ministero della Cultura, della Regione Lazio, di Roma Capitale e della Camera di Commercio di Roma e che si irradia in altrettanti percorsi costruiti in rete con le più prestigiose realtà nazionali e internazionali. Fanno parte di questa geografia la rinnovata partnership con il programma Dance Reflections della Maison Van Cleef & Arpels volto alla diffusione della danza contemporanea; il focus dedicato alla scena fiamminga costruito grazie alla relazione triennale (2023-2025) intessuta con Flanders State of the Art, i progetti dedicati ad artisti italiani under35 realizzati con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, le relazioni con tutti i teatri e le istituzioni culturali nazionali e internazionali operanti sul territorio che partecipano e accolgono il festival.
«La trentottesima edizione del Romaeuropa Festival è una fotografia della geografia delle arti, un invito alla scoperta della pluralità delle prospettive offerta dalle sensibilità degli artisti e dal loro racconto di quel “mondo fluttuante” che è il presente» spiega Fabrizio Grifasi in conferenza stampa.
Non a caso “immagini del mondo fluttuante” sono quelle portate in scena, il 6 e il 7 settembre en plein air nella Cavea dell’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” per l’inaugurazione del REF2023, da Ukiyo-e, prima coreografia firmata da Sidi Larbi Cherkaoui per il Ballet du Grand Théâtre de Genève di cui è attualmente direttore. Ispirandosi al senso di impermanenza incarnato nell’omonimo movimento culturale giapponese sviluppatosi nel periodo Edo, il coreografo (primo tra i nomi del percorso dedicato alle Fiandre), interseca composizioni contemporanee con i suoni della tradizione interpretati dal maestro del Taiko, compositore e cantante Shogo Yoshii raccontando, tra musica e danza, la nostra capacità di cogliere la bellezza anche nei momenti di crisi. Ma in Cavea la settimana inaugurale del festival continua a valicare confini tra discipline e culture ospitando la leggenda della techno Jeff Mills al fianco dei musicisti Jean-Phi Dary e Prabhu Edouard e il ritorno della coreografa Anne Teresa De Keersmaeker che in Creation 23 prosegue la sua ricerca tra musica e danza in un inedito affondo nelle radici delle sonorità pop e blues.
Il festival continua ad attraversare dialoghi tra discipline, creazione contemporanea nazionale e internazionale e omaggi al repertorio musicale italiano. Il regista Ivo van Hove dirige la pluripremiata attrice, icona della cinematografia mondiale, Isabelle Huppert nel suo allestimento de Lo zoo di vetro di Tennessee Williams (al Teatro Argentina in corealizzazione con Teatro di Roma) mentre, con la presentazione della sua ultima produzione Tempest Project, il REF omaggia, a un anno dalla sua scomparsa, il grande Maestro Peter Brook e il suo indelebile segno nella storia del teatro internazionale e del festival stesso (di cui è stato più volte protagonista).
Il coreografo anglo-bengalese Akram Khan ritorna a Roma con il suo Jungle Book Reimagined (coproduzione REF2023) liberamente ispirato all’amato Il Libro della Giungla di Rudyard Kipling mentre la regista Susanne Kennedy – nome tra i più originali della scena europea – approda per la prima volta al festival insieme all’artista visivo Markus Selg per presentare la sua ultima produzione Angela (A strange loop), nuova indagine sulle estetiche del virtuale e sulla costruzione della soggettività nell’epoca digitale.
Se, con la regia e l’interpretazione di Massimo Popolizio, il Parco della Musica Contemporanea Ensemble diretto da Tonino Battista, porta in scena L’imbalsamatore – Monodramma giocoso da camera di Giorgio Battistelli festeggiando i settant’anni del compositore, è dedicata a Fausto Romitelli – a circa vent’anni dalla sua scomparsa – l’esecuzione del suo capolavoro An index of Metals (i due spettacoli sono presentati con Fondazione Musica per Roma). Celebra Franco Battiato il concerto presentato in esclusiva per il REF da Sentieri Selvaggi che, per la prima volta nella stessa serata, esegue le composizioni classiche d’avanguardia scritte dall’inimitabile artista illuminando una pagina poco conosciuta del suo straordinario percorso musicale.
A questa idea di movimento tra radici e futuro corrisponde anche la presenza – con il patrocinio dell’Ambasciata d’Ucraina – del quartetto folk originario di Kiev DahkaBrakha che, spaziando dal folklore al teatro, fondendo musica tradizionale e ritmi provenienti da tutto il mondo, produce un suono internazionale ma saldamente radicato nella propria cultura d’origine: un canto contro la guerra che reinventa la tradizione nel segno della speranza e concorre alla costruzione del sistema di coordinate che muove l’intera mappa del festival, terreno di confronto tra generazioni e linguaggi, storie, tradizioni e musiche.