Che esistesse il curling noi italiani l’abbiamo scoperto nel 2006, quando la nazionale maschile prese parte alle Olimpiadi di Torino riuscendo perfino nell’impresa di battere nazioni blasonate come il Canada.
La popolarità di questo sport improbabile era dovuta al fatto che sul ghiaccio scendeva gente “comune”: il simbolo era quel Joel Retornaz, tipo con gli occhialetti e un po’ nerd, che sembrava il vicino di casa e non certo un campione olimpico.
Dal film dei pinguini alla vittoria
L’exploit fu perfino celebrato dal film di Claudio Amendola “La mossa del pinguino”, che raccontava le gesta di quattro scalcinati personaggi (Edoardo Leo, Ricky Memphis, Ennio Fantastichini e Antonello Fassari) che iniziavano a giocare per riscattare la loro condizione sociale e familiare. Poi di nuovo nel dimenticatoio, anche se non tanto nei risultati che ci proiettavano nel gotha mondiale pur senza un movimento come quello dei Paesi nordici, visto che in tutta Italia ci sono solamente 350 agonisti.
Dopo il nulla fino a qualche giorno fa quando due ragazzi, Stefania Constantini e Amos Mosaner, definibili come “quelli della porta accanto”, hanno fatto il loro esordio alle Olimpiadi di Pechino.
E in pochi giorni sassi e scopette hanno di nuovo popolato le nostre chiacchiere e, complice il fuso, aperto le nostre mattine durante la colazione. Perché i due hanno iniziato ad inanellare vittorie su vittorie senza più fermarsi: alla fine saranno 11 su 11 e consentiranno loro di conquistare una prima e storica medaglia d’oro in uno sport che dire minore è poco.
E sono già l’emblema della nostra Olimpiade, semplici ma incredibili “eroi” all’italiana, con il loro modo di stare sul ghiaccio e il loro audio live che ci raccontava le tattiche: sì perché il curling è un po’ scacchi e un po’ biliardo, ma ricorda soprattutto tanto le bocce che si giocano (e tanto si giocavano) nei paesini, proprio dietro ai bar, con le persone a discutere su come e dove tirare.
Stefania Costantini è già un fenomeno social
“Buona linea, buona linea” il mantra dopo ogni tiro che Stefania Constantini ripeteva ad alta voce. La 21enne di Pieve di Cadore che vive a Cortina d’Ampezzo (cosa non da poco, in vista delle prossime Olimpiadi di casa…) con il suo sguardo da cerbiatto (ma pulito e senza trucco!) è diventata da subito una stella dei social, anche se lei i social poco li usa (il suo profilo IG fino a ieri era chiuso mentre oggi ha già 15mila follower!). Abbiamo scoperto che ha iniziato a giocare a curling (dall’inglese curl, che significa effetto per via di quel roteare della pietra sul ghiaccio) alle elementari, grazie all’invito di una compagna di scuola. Dopo ragioneria, si è presa un anno sabbatico per dedicarsi solo al curling, ma poi ha cominciato a lavorare, perché fino a poco tempo fa questo sport non le permetteva di mantenersi.
A vederla tirare proprio non ti viene in mente di pensare ai sacrifici compiuti per allenarsi in uno sport che sembra possiamo fare tutti: e invece lei ogni mattina fino a un mese mese fa si allenava in palestra, prima di andare a lavorare in un negozio di abbigliamento per finire la giornata allo stadio per la preparazione sul ghiaccio.
Adesso invece che ha superato il bando delle Fiamme Oro potrà dedicarsi solo al curling, proprio quello che desiderava in vista delle Olimpiadi del 2026, quelle proprio a casa, dove sarà qualificata di diritto anche con le sue compagne della squadra femminile (in quanto l’Italia è Paese ospitante) e magari realizzare quel sogno – da ragazza semplice, appunto – di mettere su casa con il fidanzato.
Amos Mosaner e le sue pose
Insieme a lei, ma solo nel curling, da meno di un anno c’è Amos Mosaner, trentino classe 1996: eppure in pochi mesi hanno ottenuto risultati strepitosi prima qualificandosi direttamente per le Olimpiadi grazie al quinto posto ai Mondiali e poi, appunto, vincendo questa inattesa medaglia d’oro olimpica da imbattuti.
La finale è stata un crescendo fin dalla quarta manche (o end per usare il gergo dello sport), quando dopo aver recuperato dallo 0-2 al 3-2 gli azzurri hanno beneficiato di un clamoroso errore di valutazione della coppia norvegese Nederbotten – Skaslien (loro sì sposati) che gli ha regalato 3 punti. Poi è stato tutto un controllare gli avversari fino al 8-5 finale che chiude la partita.
Della loro inattesa cavalcata ricorderemo le chiacchierate e le pose: “Tranquilla, al massimo perdiamo un punto” dice lui a lei mentre si appoggia con il mento sopra la mano destra; “Son due son due. Ah no, è solo uno” replica lei con suo fare ben educato qualche minuto dopo, guardando meglio la disposizione delle stones che, da casa con la ripresa dall’alto, era già ben evidente.
Campane e testa sulle spalle
Il loro cammino fa scalpore ogni ora di più e i loro volti impazzano sui social: li esalta ovviamente il Presidente del Coni Giovanni Malagò con un messaggio che ben ne riassume il carisma: “Siete stati formidabili nella vostra semplicità: intesa, solidità e affiatamento dovrebbero essere prese ad esempio dall’intero Paese. I vostri sorrisi e la vostra serenità sono stati il più bel messaggio per chi vi ha seguito da casa. Oggi voi rappresentate l’immagine che tutti noi sogniamo dell’Italia”. Già, speriamo solamente che non si torni nel dimenticatoio, atto tipico italico per questo sport, come por tanti altri che godono di visibilità solamente per un giorno ogni 4 anni (e solo se arrivano le medaglie altrimenti non valgono nulla…)
Stefania si emoziona dopo la premiazione, quando le dicono che a Cortina sono risuonate le campane a festa: “Mi fa un sacco di piacere. Sono davvero contenta a pensare che la gente ha visto sul maxischermo la gara”. E’ proprio nel loro essere gente comune, ragazzi umili e con la testa sulle spalle (come dice la loro ct Violetta Caldart) che una nazione intera si rispecchia: speriamo che non sia il solito fuoco di paglia italico e che non si finisca di parlare di questo sport (come di altri) già alla fine della settimana.
A ricordare il sacrificio che c’è dietro ogni risultato ci pensa Amos: “Alcuni vedono il curling come uno sport dove non si fa fatica. Invece c’è una parte tecnica molto difficile e una parte mentale che non è scontata”.
Eppure, nonostante tutto, alzi la mano chi non ha pensato che, visti i soli 350 agonisti in tutta la nazione, forse è il caso di cominciare a giocare?