Uscito al cinema il 10 gennaio l’atteso documentario C’è un soffio di vita soltanto, firmato dal duo di registi italiani Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, presentato in anteprima all’ultima edizione del Torino Film Festival, non delude le grandissime attese per questa coppia dinamica e attenta di registi e produttori. Ricordiamo solo Et in Terra Pax e Il contagio tra le loro produzioni migliori, ma ci sarebbe da dire molto di più.
Il film, realizzato quasi interamente durante l’anno della pandemia, racconta l’emozionante e singolare storia di Lucy Salani, la donna transessuale più anziana d’Italia. Tra le pochissime sopravvissute al campo di concentramento di Dachau ancora in vita, è testimone diretta di uno dei momenti più bui e tragici della storia del Novecento.
Una narrazione che attraversa il corpo, spirituale e fisico, di una persona che ha saputo resistere ad ogni orrore. Novant’anni di testimonianza della Storia, attraverso gli occhi di chi ha scelto comunque di stare dal lato degli esclusi. Una forza di carattere e uno spirito così indomito che di certo le ha permesso di rialzarsi da ogni bastonata che la vita le ha offerto.
Il racconto lucidissimo di Lucy affronta tutta la Vita, spaziando dall’identità di genere, all’affermazione della propria personalità, nonostante i soprusi e i continui tentativi della società contemporanea di condannare, umiliare ed eliminare ogni accenno di diversità – “chi l’ha detto che una donna non può chiamarsi Luciano?“, afferma la protagonista della storia nel corso del film.
C’è anche la maternità, affrontata in modo ovviamente differente, c’è la guerra, il nazismo, la religione. Lucy è una continua miniera e una continua scoperta ogni volta che si pone a raccontare episodi di una vita che appartiene ad un passato di cui stiamo perdendo inesorabilmente la memoria.
Il lavoro di Botrugno e Coluccini, è un affresco intimo e delicato, di valore assolutamente inestimabile perchè queste persone sono destinate al dimenticatoio. Si percepisce il legame e la fiducia che i due hanno dovuto instaurare con questa donna, le difficoltà di superare una certa diffidenza per lasciare che la vera Lucy si affermasse in tutta la sua bellezza.
C’è un soffio di vita soltanto è un inno alla vita e un elogio della diversità che diventa normalità, in un mondo che ancora oggi, troppo spesso, preferisce odiare piuttosto che comprendere, giudicare piuttosto che accogliere.
La memoria, come unico e insostituibile punto di partenza, viene qui portata in trionfo e diventa fonte di ispirazione per tutti coloro che si sentono diversi e che hanno dovuto affrontare prove durissime e tragiche come quelle di Lucy. La sua testimonianza sia di aiuto e compagnia a tutti coloro che si sentono altrove.