Ve lo ricordate Her (film del 2013), con Scarlett Johansson e Joaquin Phoenix? Ecco, dimenticatelo, perchè in questo molto interessante film tedesco su un tema vecchio quanto la storia del cinema, si passa dal virtuale al reale e in modo addirittura carnale.
La fascinazione per la relazione tra uomo ed intelligenza artificiale, tra uomo e macchina o robot che dir si voglia che l’umano ha cercato di piegare ai suo servigi è antica quanto l’uomo stesso. Cinema e letteratura ne strabordano, addirittura un film come Metropolis, del 1927, secondo me, anticipa già tutti i temi successivi.
Non perdetevi quindi l’occasione di esplorare, una volta di più, questo affascinante connubio tra ideale, reale, virtuale, meccanico e umano. Dopo aver conquistato la critica e il pubblico dell’ultima edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino, arriva nelle sale italiane I’m Your Man, scritto e diretto da Maria Schrader, regista della serie rivelazione di Netflix, Unorthodox (se non l’avete vista, dovete rimediare), e attrice vincitrice di un Orso d’Argento per il film Aimée & Jaguar. A vestire i panni dei due protagonisti – una ricercatrice e un umanoide costruito per diventare il suo partner ideale – Maren Eggert, che per questo ruolo si è aggiudicata il premio per la miglior interpretazione alla Berlinale, e Dan Stevens, interprete di film come La bella e la bestia e della serie Downton Abbey. A completare il cast, Sandra Hüller (Orso d’argento come miglior attrice per Requiem) e Hans Löw (Va tutto bene, Bye Bye Germany).
La storia ci racconta che Alma (Maren Eggert) è una scienziata del famoso Museo Pergamon di Berlino. Al fine di ottenere dei fondi per il suo lavoro di ricercatrice, si fa convincere a partecipare a uno studio alquanto particolare. Per tre settimane dovrà vivere con un robot umanoide creato su misura in base al suo carattere e ai suoi bisogni, e la cui intelligenza artificiale è progettata appositamente per essere il suo compagno di vita perfetto. E così, Alma incontra Tom (Dan Stevens) una macchina dalle sembianze umane unica nel suo genere, creata esclusivamente per renderla felice. Ma lo sarà veramente?
Nonostante di fronte si trovi una perfetta macchina che apprende a renderla felice, e che quindi modula linguaggio, azioni e pensieri – senza emozioni, certo – Alma scopre che ciò che rende umani gli umani sono anche le idee contradditorie, la dialettica verbale emotività che lei apprende a non negare più. In fondo è una donna che ha rinunciato all’amore per varie ragioni e che di fronte alla cruda e triste realtà si rende conto di non poterne farne a meno, innamorandosi addirittura di Tom, se così possiamo dire.
Afferma la regista: “Riuscire a creare un essere umano artificiale è un sogno antico quanto l’umanità stessa. Nell’antichità era un atto di creazione mitico/artistica che richiedeva l’aiuto degli dei. Prometeo creava le persone con l’argilla e l’acqua. L’artista Pigmalione costruì una statua femminile, se ne innamorò e chiese alla dea Afrodite di darle vita. Poi, man mano che ha acquisito sempre più fiducia nelle proprie capacità, l’uomo ha preso le redini della creazione dagli dei. Dai primi automi meccanici, alle frontiere dell’intelligenza artificiale, ogni trascendenza o coinvolgimento divino ormai sembrano essere scomparsi. Ma se dovesse mai accadere di avere dei robot come partner, allora la questione del “fantasma nella macchina1”, dell’anima e della coscienza diventerà di nuovo centrale.
Spesso, le storie sugli esseri umani artificiali suscitano un misto di fascino e orrore. L’uomo gioca a fare Dio e crea dei servi per se stesso, ma ha paura di perdere il controllo e di essere superato dalla sua creazione. Molte di queste storie, dal golem medievale a Ex Machina, finiscono con distruzione e morte. Tom è più evoluto rispetto ai suoi antenati artificiali. Egli è superiore alle persone in quasi ogni cosa. Tuttavia, essendo privo di ambizioni personali, di paura e del bisogno di libertà, non rappresenta una minaccia. Tom forse è il servitore perfetto.
Accetta il fatto che il suo incarico rappresenta il suo diritto stesso di esistere. Ritiene la sua mansione il più bel compito che si possa avere: rendere felice un’altra persona. È stato programmato come il compagno di vita perfetto, è dotato di caratteristiche e qualità studiate appositamente per il suo partner, e la sua funzione è scacciare la solitudine, soddisfare il desiderio di fiducia e amore – ed essere messo in vendita – un’idea che Alma detesta con veemenza. I robot hanno lo scopo di monitorare le traiettorie di volo e i semafori, di falciare i prati e controllare i sistemi di sicurezza. Ma amore, sentimento, felicità e dolore sono riservati solo agli esseri umani.
Alma difende i principi dell’amore romantico, dell’indipendenza e del cosiddetto libero arbitrio. Ai suoi occhi, Tom è una macchina creata per soddisfare i suoi bisogni, non una vera controparte, perciò vede in lui un’illusione vuota. Ma poi Alma mette a nudo i paradossi del desiderio umano. È insito nell’esperienza umana non raggiungere mai ciò che vogliamo? È questo un prerequisito per il desiderio, in particolare nel caso dell’amore? Sì, spesso si esprime il desiderio del cosiddetto “partner perfetto”, ma cosa significherebbe effettivamente avere il partner perfetto? Un partner che analizza i nostri bisogni e desideri in modo così preciso da poterli soddisfare prima ancora di averli formulati noi stessi? E cosa implicherebbe, sapere che questo non è un atto d’amore ma semplicemente un lavoro di programmazione?
Il fatto che Alma si innamori comunque di Tom la pone davanti a un problema irrisolvibile. Tuttavia, segue il suo desiderio andando contro le sue convinzioni. Ragione ed emozione si intrecciano contraddicendosi. Eppure sembra, almeno per un po’, davvero felice. Allora, qual è la differenza, tra ‘l’amore’ e un algoritmo complesso? Non ci adattiamo alle esigenze dei nostri partner anche nelle relazioni tradizionali? Cosa c’è di ‘reale’ nelle relazioni, e quanto viene appreso, adattato e programmato?”
Quando Alma consegna la sua relazione finale al suo supervisore e sconsiglia l’approvazione di robot come Tom, forse non ne è totalmente convinta. Forse anche lei ha paura che Tom e i suoi pari artificiali possano essere gli esseri più evoluti, forse non teme affatto che potrebbero diventare ostili e violenti, ma piuttosto crede che possano diventare più altruisti, più civili e più pacifici. Degli esseri superiori che potrebbero, prima o poi, rendere obsoleta l’umanità. Perchè in effetti, quello che questi robot ci dimostrano, è che sono gentili, veramente gentili, che è forse ciò che in primis oggi manca alla nostra umanità colpita e frustrata da due anni difficilmente dimenticabili.