A ventisette anni dalla Strage di Capaci, attentato mafioso che uccise il magistrato Giovanni Falcone, per celebrare “la settimana della legalità” RAI UNO propone una storia di ‘ndrangheta e giustizia in prima serata.: Druisburg – Linea di sangue coproduzione Rai Fiction – Interfilm, in onda il 22 maggio.
Una vicenda realmente accaduta nel ferragosto del 2007 a Duirsburg, città tedesca, in cui persero la vita sei giovani calabresi per mano di due criminali. Lintento della fiction diretta da Enzo Monteleone intende promuovere i valori civili, aiutare a non dimenticare e affrontare il tema dell’eterna lotta tra lo Stato e la criminalità organizzata. Oggi lo scenario è cambiato e la ‘ndragheta si configura come la più pericolosa organizzazione criminale presente in Europa con numerose ramificazioni all’estero, dal Canada all’Australia e in paesi europei come appunto la Germania.
La “mobilità” della ‘ndrangheta è sicuramente l’aspetto più preoccupante degli ultimi anni.
Duisburg – Linea di Sangue parte proprio da un fatto di cronaca che vede coinvolti giovani criminali calabresi emigrati in Germania. Sono ragazzi “sotto copertura” che sembrano essere lì in cerca di fortuna e, intanto, creano una rete di contatti per lo spaccio di droga a livello internazionale e il riciclaggio di denaro sporco.
La notte del 15 Agosto 2007 sei ragazzi calabresi vengono trucidati all’uscita da un ristorante italiano a Duisburg. Le vittime sono giovanissime, la più piccola ha da poco compiuto 18 anni. La tragedia ha un impatto mediatico molto forte in Germania che non ha mai vissuto un evento del genere. La Kriminalpolizei pensa ad un “regolamento” di conti tra bandi rivali che si contendono il territorio per il controllo di armi e droga ma il crimine presenta molti lati oscuri, in primis la provenienza dei ragazzi uccisi, tutti calabresi. La polizia tedesca chiede l’intervento di quella italiana. Arriva, così, in terra tedesca il cacciatore di mafiosi Michele Battaglia (Daniele Liotti) ad affiancare l’investigatore Thomas Block (Benjamin Sadler). I due poliziotti sono molto diversi tra loro e hanno metodi diversi di investigazione. L’italiano conosce bene la cultura mafiosa, i loro “riti di iniziazione” e le loro faide, il tedesco è, invece, più legato al protocollo e ignora completamente le logiche della ‘ndrangheta. Battaglia scoprirà presto che la tragedia della notte di ferragosto è frutto di una vendetta decennale tra due famiglie mafiose dell’Aspromonte calabrese, Politano- Favara e Lapadula- Albanese. Inizia così una forsennata “caccia ai mafiosi” per mano di due poliziotti desiderosi di giustizia e riscatto sociale. Il loro obiettivo ultimo è cancellare quella “linea di sangue”che marc un territorio come la Calabria per poi espandersi a macchia d’olio in Paesi come la Germania e l’Olanda. Nel cast compaiono anche Anna Ferzetti, nel ruolo della moglie del poliziotto italiano, Brenno Placido, Ester Pantano, Marina Crialesi e Massimiliano Frateschi nei panni dei criminali delle famiglie indagate. Le prove attoriali sono tutte degne di nota; tra i giovani attori si distingue Marianna Crialesi che interpreta la sorella e la moglie dei colpevoli della strage, una donna sfrontata, attivamente impegnata nell’organizzazione criminale e decisa a difendere “la famiglia” ad ogni costo.
La storia sa alternare bene il mistero, la suspence e anche l’azione; le scene dell’inseguimento ai criminali mantiene un buon ritmo e risulta credibile. L’aspetto interessante è sicuramente la relazione tra i due poliziotti, Battaglia e Block, che parte con qualche contrasto e poi evolve nel corso della storia. Mettendo a confronto le loro reciproche differenze e il loro background culturale i due investigatori instaurano un’amicizia fondata sulla fiducia e il rispetto reciproco. Battaglia, poliziotto italiano, è abituato a svolgere le indagini “senza testimoni”, provenendo da una cultura dominata dall’omertà e dalla paura. Block, d’altro canto, non conosce le dinamiche della cultura mafiosa, le sue indagini si basano sulle testimonianze, la trasparenza dei dati e un rigido protocollo.
Questi due modi così diversi di “fare giustizia” hanno un comune intento: quello di estirpare il cancro della mafia dalla radice. Emblematica la rappresentazione dei due bambini, figli dei criminali, che vengono cresciuti con una visione completamente distorta della realtà: per loro i poliziotti “sono uomini di m….” e i genitori mafiosi “gli eroi” che lo Stato non può sconfiggere. Non è difficile ipotizzare quale sarà il futuro di quei bambini, destinati a un futuro da criminali, esattamente come i loro genitori, in un circolo infinito e vizioso di morti, paura e illegalità che purtroppo il nostro Paese conosce bene.