Con solo il cinque per cento della popolazione mondiale, l’America è stata la patria del sessantasette percento dei serial killer documentati nel mondo – un incredibile numero di 2.743 assassini nell’ultimo secolo e mezzo. E l’FBI stima che in questo momento ci siano dai 25 ai 50 serial killer attivi operanti negli Stati Uniti. Eppure, un serial killer in particolare ha colpito maggiormente la psiche collettiva americana… Theodore Robert Bundy. La storia di Ted Bundy è sordida e drammatica. Bundy si affidava ai suoi sguardi disarmanti per incantare a morte le sue vittime. Era anche abile nel cambiare il suo modus operandi per confondere gli investigatori. È sfuggito alla custodia della polizia due volte, con fughe dalle prigioni audaci e fantasiose. Poi, pochi giorni prima della sua esecuzione, il 24 gennaio 1989, Bundy ha confessato di aver ucciso oltre 30 donne tra il 1974 e il 1978, dopo anni di negazione dei suoi crimini atroci. Gli esperti ritengono che il vero numero delle vittime di Bundy sia molto più alto. Il processo di Bundy è stato il primo processo televisivo nazionale nella storia americana e ha trasformato Bundy in un fenomeno mediatico. Oltre ai media nazionali, c’erano media presenti da tutti i 50 stati e 9 paesi stranieri. Questo avveniva prima dei canali di News h24 e dell’esplosione delle stazioni via cavo che conosciamo oggi.
Ora il film “Ted Bundy, Fascino Criminale”, nei cinema dal 9 maggio, del regista Joe Berlinger, ne scruta il lato carismatico, quello che ha mostrato agli amici, ai colleghi e alla fine anche al pubblico televisivo degli Stati Uniti.
Non si tratta del solito film voyeuristico sui serial killer. Non stiamo seguendo gli investigatori mentre cacciano Ted, o viaggiando nei suoi panni mentre prova un brivido viscerale nel commettere questi atti orribili. Eppure lasciamo la sala con tutta una serie di domande: Chi è davvero questo Ted Bundy? Come è riuscito a conquistare la fiducia di molte donne, compresa la sua fidanzata di vecchia data, Elizabeth Kloepfer?
Ciò che distingue veramente Bundy, al di là del conteggio dei cadaveri e della sua capacità di eludere la cattura, è che pochi altri serial killer americani hanno raggiunto il suo livello di celebrità perversa – e persino ammirazione – da così tante persone che per anni hanno pensato che fosse innocente. Bundy ha brillantemente utilizzato i media americani per ottenere un seguito considerevole e fanatico, sfidando ogni aspettativa. In poche parole, da bello e affascinante uomo bianco, le sue amanti e i molti amici e conoscenti non potevano credere che fosse capace degli atti vili che aveva commesso, permettendogli di sfuggire alla cattura per molti anni. E anche durante il processo, ha attirato tanti sostenitori che non riuscivano a vedere oltre al suo bell’aspetto e al suo fascino.
“A prima vista, il mio profilo come regista di documentari che ha trascorso la maggior parte della sua carriera usando il cinema e la televisione per far luce sulla riforma della giustizia criminale e la situazione dei condannati ingiustamente, potrebbe sembrare in contrasto con la storia del serial killer più iconico d’America” racconta Berlinger. “In questo film ho avuto l’opportunità di mostrare una persona colpevole che tutti intorno a lui credono innocente”.
Non è da escludere che il pubblico intraprenda lo stesso percorso emotivo di Liz, iniziando a fare il tifo per la loro relazione e sentendosi poi tradito e disgustato quando Bundy finalmente ammette i suoi crimini. E potrebbe anche accadere di peggio, ovvero di cadere in preda a un psicopatico a causa della sua credibilità. “Molti esperti ritengono che i sociopatici siano incapaci di amare. Io non ne sono così sicuro”, aggiunge il regista. “Ma lui l’ha ingannata in maniera incredibile, ed è anche la natura dell’inganno che questo film esplora”.
In effetti, non si vedono omicidi in questo film fino alla fine, una scelta molto consapevole per consentire al pubblico di comprendere emotivamente che coloro che fanno del male non sono semplicemente dei mostri bidimensionali facili da riconoscere nella società e quindi evitabili. Quelli che fanno del male – dal serial killer al prete pedofilo – sono persone apparentemente ordinarie, che potrebbero essere il nostro vicino di casa o l’allenatore del liceo. Come lo stesso Bundy dice alla fine del film: “Gli assassini non escono nell’oscurità con denti aguzzi e la saliva che gocciola dal loro mento. Le persone non si rendono conto che tra loro ci sono degli assassini. Le persone che amavano e che ammiravano il giorno dopo potevano trasformarsi nelle persone più demoniache immaginabili”. Questa è la vera natura del male: difficile da spiegare, spesso molto banale e di solito molto contraddittoria. Il titolo del film acquista un significato pregnante alla fine quando ci rendiamo conto che descrive perfettamente un vero assassino di esseri umani reali. Non sembra più un titolo carino o divertente. È reale ed è orribile perché ci fa aprire gli occhi su un dato di fatto: la verità è spesso davanti ai nostri occhi, ma non siamo in grado di affrontarla fino a quando non è troppo tardi.