Il cuore de “Il Mondo” di Mario Pannunzio torna a battere fino al 30 giugno al Maxxi, Museo delle arti del XXI Secolo di Roma, con la mostra antologica dedicata al fotografo Paolo Di Paolo “Mondo perduto. Fotografie 1954-1968”.
La visita inizia dalla fine, dal 1966, l’anno in cui il settimanale culturale entrato nell’Olimpo del giornalismo italiano chiude e Paolo Di Paolo manda un telegramma in redazione: “Per me e per altri amici muore oggi l’ambizione di essere fotografi”. Fotograferà altri due anni poi si ritirerà. Il suo tesoro di 250 mila scatti è rimasto custodito in cantina per decenni finché la figlia Silvia non lo ha scoperto e ora Giovanna Calvenzi, con la sua collaborazione, ha dato forma, con la delicatezza e la sapienza che le sono proprie, a questa bellissima mostra di scatti, anche inediti, che raccontano un’epoca. L’inaugurazione è avvenuta il 17 aprile alla presenza dell’autore, oggi splendido 94 enne.
L’allestimento è quasi circolare, per sezioni tematiche e con brevi videointerviste. Parte con tre bambini che giocano e guardano Roma da Monte Mario, quasi a dire lo sguardo ampio, profondo e pulito del fotografo. Paolo Di Paolo arriva a Roma da Larino, in Molise, a 24 anni per studiare storia e filosofia, passa alla scrittura, diventando caporedattore di una rivista di viaggi, per arrivare, innamorandosi della Leica, a scegliere il linguaggio fotografico, portandovi dentro la sua capacità di analisi e di cogliere momenti chiave della realtà che ha avuto di fronte.
Lo si legge in modo esemplare nei ritratti a personaggi famosi esposti al Maxxi. Al servizio fatto a Pier Paolo Pasolini in un’ambientazione scelta dallo stesso regista, il monte dei Cocci, a Testaccio, viene dedicata una intera sezione della mostra: una Terra Desolata, carica di energia e di presagi, con Roma sullo sfondo, ma colta in un attimo di sorpresa di Pasolini nel momento in cui un ragazzo attraversa il campo visivo in modo imprevisto.
Foto UMS
Basta anche un’immagine sola per “centrare il personaggio”, parola di Di Paolo, come quella scattata a Charlotte Rampling, ripresa in poltrona, avvolta come un riccio in una pelliccia, da cui emergono le lunghe gambe da mantide e uno sguardo conturbante.
E’ stato un rapporto di fiducia, di complicità e di rispetto, quello che Di Paolo ha instaurato con i protagonisti delle sue opere, arrivando a non pubblicare immagini che avrebbero potuto dare una interpretazione distorta e fuorviante della persona ritratta, l’esatto contrario di quello che avviene non solo oggi, ma già allora, con quei modi da paparazzo che stavano prendendo il sopravvento e dal quale Di Paolo ha preso le distanze, difendendo l’essenza dell’essere giornalista e reporter.
Le immagini, uniche, di una inedita Oriana Fallaci, allegra e scherzosa, che saltella in riva al mare al Lido in pose da diva, rimaste non pubblicate, oggi restituiscono la naturalezza e la normalità della giornalista severa e impegnata.
Uno spezzone del video promozionale della mostra in cui si parla di Oriana Fallaci
Poi c’è il racconto di una giornata al mare, nella villa di Anna Magnani, una giornata iniziata con un invito misterioso, che poi si rivela essere la volontà dell’attrice di esser fotografata per la prima volta con il figlio adolescente, Luca, perché, attraverso Di Paolo, uscisse un onesto e sereno ritratto di famiglia, lontano da curiosità morbose o inutili scalpori.
Al centro dell’allestimento quasi circolare, c’è davvero un cuore fisico che ricostruisce la redazione del Mondo, così come riprodotta nelle immagini storiche: la scrivania primo ‘900 del direttore con il tampone da inchiostro, il telefono e la lampada, un tecnigrafo con lo spago per l’impaginazione degli articoli, un tavolino con una Olivetti, le medesime stampe alle pareti. Attorno a questo centro palpitano le immagini, che non erano di corredo agli articoli, tutti di autori prestigiosi, ma avevano una vita propria ed autonoma, come racconti a se stanti.
Sala a parte inoltre per “La lunga strada di sabbia” il reportage sulle vacanze degli italiani, commissionato nel 1959 dal Tempo a Di Paolo e Pasolini, ambientato nelle principali spiagge del litorale da Ventimiglia a Trieste, e che li vide all’opera per la prima volta insieme, non senza difficoltà. Un’opera nata da un’idea di Di Paolo e rimasta nella storia, più volte pubblicata e citata, qui vista dall’angolatura delle immagini di un’Italia che ha voglia di guardare al futuro.
Ancorché oggi perduto, il mondo ritratto da Di Paolo e oggi esposto è un mondo ritrovato, sia allora, sia oggi.
https://www.maxxi.art/events/paolo-di-paolo-mondo-perduto/