Incontrare Nadine Labaki è sempre un’esperienza di profonda umanità. L’attrice e regista libanese è arrivata a Roma per presentare il suo straordinario film “Capernaum – caos e miracoli“, un racconto di dolore, miseria, denuncia ma anche di amore.
Il film, nelle sale italiane dall’11 aprile con Lucky Red, è già stato premiato a Cannes con il premio speciale della Giuria e al piccolo protagonista Zain al Rafeea è già stato dato il premio come miglior attore in vari festival mondiali. Non è uno dei soliti film di famiglie disastrate o di miserie, qui addirittura il piccolo Zain porta in tribunale i suoi genitori per averlo messo al mondo! Labaki a Roma racconta la genesi del film e soprattutto ciò che sta accadendo dopo l’uscita dello stesso.
“Intanto ci tenevo a dire – esordisce Labaki – che tutti i piccoli protagonisti di questa pellicola, che sono attori non professionisti, oggi sono tutti stati tolti dalla strada e vanno a scuola. Tutti, nessuno escluso. Zain, in particolare, ora ha un passaporto norvegese e vive in Norvegia da quasi un anno, con i suoi genitori. Va a scuola, sta imparando a leggere e scrivere, sta riprendendo la sua infanzia e gioca in un giardino, con giocattoli veri”.
Il volto è quello straordinario di Zain al Rafeea, un bambino che rimarrà per sempre stampato dentro i vostri occhi. “Zain – dice Labaki – è una sorta di Messia moderno in questo caos umano causato dalle guerre e dal non rispetto, tutto quello che lui attraversa è una sorta di calvario per dare voce a quelli che non ce l’hanno, rappresenta un Salvatore, ma questa è una cosa che è nata facendo il film, non era prevista, ma è il risultato di ciò che è accaduto girando“.
Com’è nata la sceneggiatura? E come mai da precedenti film di commedia possiamo dire, si è spostata a questa denuncia sociale? “Questo film ha una genesi di tre anni, durante i quali abbiamo fatto lunghe ricerche. Nella mia testa non avrei potuto nemmeno immaginare quello che questi rifugiati siriani sperimentavano ogni giorno. Per questo abbiamo viaggiato nei luoghi più miseri e sfortunati, nelle prigioni, nei tribunali, abbiamo parlato con bambini e genitori, con giudici e avvocati per capire bene cosa accadeva in questi posti. Mentre ricercavamo scrivevamo anche la sceneggiatura e per questo abbiamo sempre avuto un’idea chiara di dove volevamo arrivare, anche se c’è voluto molto tempo proprio perchè volevamo lavorare con attori non professionisti e in più bambini. Abbiamo girato oltre 6 mesi, 532 ore di girato e il primo taglio era di 12 ore! Poi siamo riusciti a ridurlo a 2 ma è stato un grande lavoro anche questo. Anche la stessa sceneggiatura l’abbiamo rivista durante questo periodo anche se partivamo da un’idea solida. Ho cambiato genere perchè queste tragedie non potevano passare inosservate e ho sentito la responsabilità di dare una voce a tutto questo, speriamo di trovare soluzioni, tutti insieme. Per me è stata un’ossessione di responsabilità raccontare questa storia. Il cinema è forse una delle armi più importanti che abbiamo per cambiare le cose, specialmente quando vivi in questa parte del mondo. Ma tutto il mondo è un enorme Capernaum, un caos orrendo a cui dobbiamo trovare una soluzione“.