Un film magico, coraggioso e originale, un’emozionante miscela di sorprese, di generi, di romanticismo e noir nordico: questo è “Border-Creature di confine“, opera seconda di Ali Abbasi (il vampiresco “Shelley“, nel 2016), regista danese di origini iraniane, e film rivelazione dell’ultimo Festival di Cannes, dove si è aggiudicato il Premio come “Miglior Film” della sezione Un certain regard.
E’ liberamente ispirato dalla novella ‘Grans’ di John Ajvide Lindqvist (ritenuto “lo Stephen King scandinavo” e autore del noto libro Lasciami entrare, tradotto in 12 lingue ed ispiratore dell’omonimo e pluripremiato film horror di Tomas Alfredson).
Il regista, lo scrittore ed Isabella Eklof hanno firmato una sceneggiatura arricchita da un intrigo da thriller – non presente nella novella – che rende il tutto ancor più avvincente e cinematografico.
Tina (Eva Melander) è una poliziotta della dogana nel porto svedese di Kapellskar che controlla i bagagli dei passeggeri in un modo davvero sorprendente, unico: attraverso il suo olfatto eccezionale “sente” il reato, il male, le emozioni, il senso di colpa dei passeggeri. È una donna decisamente goffa, dal volto sgraziato ed impegnata ad assistere il padre affetto da demenza senile. Vive con uno strano individuo che si occupa solo di gare di pitbull, la tradisce e tenta di avere approcci sessuali che però lei rifiuta per un suo problema fisico. Tina è felice, “si sente a casa”, solo quando può concedersi di passeggiare a piedi nudi nel bosco, dove può fare il bagno nuda ed incontrare volpi e alci. Il fiuto della donna si dimostra infallibile fino al giorno in cui Vore (Eero Milonoff), un essere non meno grottesco di lei, le passa davanti: fiuta che nasconde qualcosa che, però, non riesce a decifrare.
Ma quel che è peggio è che ne è irresistibilmente attratta. Si frequentano, si scoprono simili, si amano ma lui nasconde un segreto. Tina scoprirà la sua vera identità e che niente è come appare: lui non è un uomo, sebbene lo sembri, e lei non è “solo“ una donna sebbene lo sia. Tina è una troll, proprio come Vore. Secondo la mitologia nordica, sono umanoidi che vivono nelle foreste dell’Europa settentrionale: creature ruvide, irsute e rozze, dotate di un grosso naso e di una coda dal folto pelo. I troll sono di due tipi: uno di dimensioni gigantesche e dal comportamento maligno e uno di dimensioni umane dal comportamento benevolo. Si racconta che i troll rubino bambini alle famiglie mentre dormono e mettano nel letto un folletto, più intelligente del bimbo rubato, oppure un cucciolo di troll”).
Sebbene il loro incontro sessuale sprigioni erotismo e tenerezza e impulsi bestiali, Tina e Von scoprono di essere irrimediabilmente diversi: lui ha come unico scopo quello di vendicarsi degli umani; lei invece si chiede se sia “umano” non voler fare male a nessuno, essere solo devota al suo lavoro, che include anche – e qui sta l’aggiunta rispetto alla novella di Lindqvist – lo smascherare un giro di pedopornografia nell’appartamento di una coppia apparentemente perfetta.
Il film è un continuo confronto fra bene e male, fra plausibile e fantasy, fra libertà e condizionamento: godere, per esempio, del sapore di qualcosa “fuori dagli schemi alimentari” – bella la scena sulla larva, nel bosco – è riferibile all’istinto o è frutto di apprendimento?
Ricorrendo ad un simbolismo irriverente ma di impatto, il lungometraggio di Ali Abbasi spinge a riflettere su non indifferenti problemi della società contemporanea, quali la xenofobia e l’inquietudine di chi si trova a vivere in una società che non è quella di origine – com’è per il regista ed era per me quando vivevo negli Usa, ndr – tra voglia di integrazione e voglia di conservazione della propria identità.
“Border-Creature di confine” è un riuscito cocktail dell’umano dilemma tra giustizia e vendetta, rassegnazione e ribellione, arricchito dalle varie sfaccettature delle diversità (estetiche, di razza, di genere e sociali) per spingerci ad “andare oltre” i confini delle emozioni standardizzate, per poterci sentire animali liberi e non in cattività, per saper vivere il bene non come “obbligo morale” ma come base per la nostra felicità.
“Il film non parla della contrapposizione ‘Noi/Loro’ ma di una persona che può ed è in grado di scegliere la propri identità – ha detto il regista -. Voglio credere che tutti siamo in grado di scegliere chi essere. Vedo gli essere umani come degli animali particolarmente evoluti e mi interessano tutte quelle situazioni in cui i nostri istinti bestiali cozzano contro la struttura della società”.