Il bel film-documentario “Mathera-L’ascolto dei sassi“, di Francesco Invernizzi, presenta il riscatto e la rinascita – un tempo inimmaginabili – del capoluogo lucano, capitale della cultura europea per il 2019 e patrimonio mondiale dell’Unesco dal 1993. Un lavoro emozionante, da non perdere e che purtroppo sarà nelle sale italiane solo il 21-22-23 gennaio. E’ stato prodotto da Magnitudo film, realizzato con la collaborazione, autoriale e registica, di Vito Salinaro, giornalista dell’Avvenire,
Matera – al centro di un territorio estremamente dinamico, dove tradizione, scienza e tecnologia convivono e prosperano insieme creando un ponte tra passato, presente e futuro promettente – è la terza tra le città abitate più antiche del mondo: la sua origine risale infatti a ben 10mila anni fa, dopo Aleppo (13mila) e Gerico (12mila). Una città scavata nella roccia che ricorda Petra, città giordana anch’essa scavata nella roccia.
Il film ripercorre i tratti più salienti della storia di Matera, attraverso i ricordi, brutti e belli, le tradizioni più profonde: da quando, nel 1948, venne definita da Palmiro Togliatti “Infamia nazionale“, e poi come “Vergogna nazionale” da Alcide De Gasperi, nel 1950 (a causa delle condizioni di miseria ed arretratezza in cui molti dei suoi abitanti vivevano nei Sassi – antiche abitazioni ricavate scavando la tenera roccia di calcarenite e che da secoli sono il centro storico della città), fino al suo fiorire contemporaneo in svariati campi, dalla cardiologia interventistica alla viticultura; da una vivace creatività culturale non contaminata dall’economia ad un approccio “comunitario” nell’agricoltura.
La sensazione che si ha quando si è nei Sassi è quella di essere all’interno di un presepe e di vivere in un’altra epoca. Un ambiente urbano che si fonde con il paesaggio collinare della Murgia.
Una ‘città modello’, per certi versi, e nella quale, tra l’altro, le nuove abitazioni ricavate dalle ristrutturazioni delle grotte – con tecniche d’avanguardia, ma mai con scempio ambientale – sono la prova tangibile che anche le piccole comunità possono farcela ad essere moderne senza distruggere la loro storia. I Sassi, insomma, da sfregio si sono trasformati in fregio.
“Mathera-L’ascolto dei sassi” mostra, in definitiva, come il passato sia un’esperienza di cui fare tesoro per incoraggiare a guardare al futuro in un’ottica di rispetto e sostenibilità del territorio.
Mentre, infatti, in altre città, nell’epoca del progresso degli anni ’60-’80, o in quella attuale della “modernizzazione”, sono stati abbattuti anche luoghi ed edifici ricchi di storia culturale per far posto ad infrastrutture (oggi magari quasi in disuso), a Matera a nessuno è mai venuto in mente di costruire parcheggi in vicinanza dei Sassi, o grattaceli o abbattere alberi e edifici per costruire strade più larghe, o creare centri commerciali nel cuore della città.
Insomma, la ricchezza e attrattività del capoluogo lucano sta anche nell’essere stata capace di trasformarsi senza distruggere sia l’habitat circostante sia la storia di questo luogo che, tra l’altro, rimane anche uno dei più rappresentativi della vita contadina e delle tradizioni rurali in Italia. Non c’è bellezza senza memoria.
La genesi del rifiorire di Matera parte nel 1945 quando è scoperta dal pubblico grazie al romanzo di Carlo Levi “Cristo si è fermato a Eboli”, che si fa catalizzatore di attenzione e volano di una nuova fase, che renderà il luogo un monumento della civiltà contadina e testimonianza della sua cultura.
Nel lavoro di Francesco Invernizzi voci autorevoli del mondo della storia dell’arte e dell’architettura si alternano alle testimonianze di chi ha scelto di vivere nei Sassi o di lavorarci, spingendo così lo spettatore a riflettere sulle bellezze, sulle potenzialità del capoluogo lucano e sul perché è diventato sempre più una delle mete turistiche più desiderate, non solo in Italia ma anche all’estero.
Il documentario s’inoltra anche nella grotta dei Cento Santi – così chiamata per i numerosi affreschi in essa raffigurati –, uno dei gioielli più preziosi di Matera. Situata ad alcuni km dalla città dei Sassi, la grotta rappresenta una splendida dimostrazione dell’arte rupestre nell’Italia meridionale, detta anche “La Cappella Sistina dell’arte rupestre”.
La 629esima edizione della Festa della Bruna – festa dedicata alla ‘Madonna della Bruna’, protettrice della città e che si tiene ogni 2 luglio – è comunque il collante fra le tante storie raccolte dal regista: per questa occasione, infatti, tantissimi materani emigrati tornano a casa, gli abitanti scendono a frotte nelle strade per partecipare alla Festa secondo un rito in cui al sacro si mescola il profano.
Fa molto riflettere la significativa esperienza vissuta nel capoluogo lucano da Invernizzi, che così l’ha sintetizzata: “Matera non è fatta di sassi, di grotte o di arte nel senso classico delle città d’arte: è fatta di persone che hanno fatto questo, che ci hanno creduto, ed è proprio questo il senso di questo racconto. Essere capitale della cultura europea 2019 non credo sia un punto di arrivo: credo sia un riconoscimento di quello che la città è sempre stata: un luogo di transito, crocevia di popoli e culture. Suggerisco di guardare questo film come se fosse il catalogo di una bella mostra, e poi andare a visitare Matera”.
A sottolineare infine l’importanza di questo lavoro, che – come detto – sarà purtroppo in sala solo il 21,22 e 23 gennaio, è l’opinione dello stimato storico dell’arte Pietro Laureano: “Matera è un messaggio per tutto il Mediterraneo, per tutti i paesi del mondo, per tutti i villaggi, per il recupero di tutti i luoghi abbandonati. È un messaggio per l’Europa intera”.