È nato l’Italian Csr Index, che stila una classifica dei migliori nelle azioni di Csr. Un marchio di qualità, unico, nella consapevolezza che le “buone pratiche” di responsabilità sociale sono assai diversificate nelle esperienze delle aziende.
A lanciarlo l’Osservatorio Socialis, il cantiere di promozione culturale della responsabilità sociale che da oltre 15 anni analizza il fenomeno e promuove iniziative in favore di una maggiore messa a sistema e diffusione delle buone pratiche di Csr, di sostenibilità, di engagement dei dipendenti e di ascolto del territorio e degli stakeholder.
Da oggi le aziende, gli enti, le onlus, le università possono accedere alla procedura per l’ottenimento della certificazione di responsabilità sociale. Un passo avanti perché l’approccio socialmente responsabile possa mettere radici più solide nel nostro Paese e le buone azioni delle organizzazioni abbiano la possibilità di ottenere il giusto riconoscimento.
«Il marchio di responsabilità sociale nasce da una richiesta di valorizzazione e riconoscimento degli investimenti e dell’impatto prodotto da parte di un numero elevatissimo di aziende ed enti», spiega Roberto Orsi, direttore dell’Osservatorio Socialis. «Da qui siamo partiti per elaborare uno standard proprietario che si basa su 6 macro-indicatori per altrettante aree di indagine e che, attraverso un’analisi documentale e una verifica sul campo, permetterà alle organizzazioni di ottenere finalmente un punteggio relativamente alle loro attività e una certificazione delle azioni svolte».
Le 6 macro-aree di indagine e valutazione riguarderanno: formazione e clima interno; coerenza nelle politiche di responsabilità; condivisione multilivello, volontariato e welfare; livello di soddisfazione degli stakeholder; comunicazione e informazione; pianificazione, monitoraggio, verifica dei risultati e miglioramento continuo.
Secondo l’VIII Rapporto sull’impegno sociale delle aziende realizzato da Osservatorio Socialis e Istituto Ixè, nel 2017 l’84% delle 400 aziende intervistate ha scelto di attuare iniziative di responsabilità sociale e ambientale (a fronte del 73% del 2014), con un investimento di un miliardo e 412 milioni di euro, più del doppio di dieci anni fa.
Dal settore finance ai trasporti, dall’elettronica alla farmaceutica, il 47% delle imprese esaminate si è impegnato in favore dell’ambiente (risparmio energetico, contenimento degli sprechi, contrasto dell’inquinamento e smaltimento dei rifiuti), ha modificato l’organizzazione aziendale, i contratti, la struttura e i servizi interni (28%), ha collaborato con le università (27%). Restano forme classiche di Csr sotto forma di iniziative di cause related marketing, payroll living, volontariato aziendale, donazioni.
Il 57% dei manager intervistati ritiene inoltre che anche l’attenzione dei consumatori rispetto alle attività dei brand che acquistano stia aumentando e che l’opzione più referenziata per rendere più stabili gli investimenti di Csr sia la creazione di un marchio che distingua le imprese virtuose.
Per ottenere la certificazione dell’Osservatorio Socialis è necessario seguire il seguente iter:presentazione da parte delle organizzazioni che si candidano di un rapporto preliminare di autovalutazione (fornito da Osservatorio Socialis secondo lo standard apposito); effettuazione dell’esame documentale; visita di verifica in sito da parte del team di auditor; rilascio di un rapporto di verifica con un punteggio sintetico e il sigillo di certificazione.
Una volta ottenuta, la certificazione ha validità triennale, con visite di mantenimento e verifiche annuali. Ci sono quattro scaglioni di dimensione per le organizzazioni che si candidano: piccole (da 15 a 49 dipendenti), medie (da 50 a 249 dipendenti), grandi (> 250 dipendenti), top (>1000 dipendenti).