Gianfrancesco Lazzotti in ‘Muse e dei’ affida il racconto di maestri del cinema italiano come Michelangelo Antonioni, Dino Risi ed Ettore Scola alle attrici che hanno interpretato molti dei loro capolavori.
Prodotto da Surf Film e Tikkun Productions in associazione con Istituto Luce – Cinecittà e con Stefano Libassi per Movietime, il documentario è stato presentato durante la Festa del Cinema di Roma.
Così tra spezzoni di film, ricordi e immagini di repertorio le attrici intervistate svelano dolcemente e nostalgicamente le loro esperienze con i tre maestri del cinema. Ornella Muti, allora, confessa che era intimidita da Risi, Catherine Spaak ne ricorda l’eleganza, la statura, la capigliatura. Su Scola, invece, Giovanna Ralli, strepitosa Elide in C’eravamo tanto amati, ci racconta molti aneddoti palesemente commossa, come anche Stefania Sandrelli, che del regista della Famiglia ricorda la simpatia, la dolcezza oltre che l’intelligenza e il grande charme. Lo stesso fa, anche, Isabella Ferrari che in un Romanzo di un giovane povero venne diretta incredibilmente da Scola.
Per Antonioni le riflessioni sono affidate principalmente a Caterina d’Amico, figlia della sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico, a lungo collaboratrice del cineasta, a Paola Comencini, e ad alcune preziose interviste d’archivio di Monica Vitti.
Dalle loro parole emergono, dunque, delle verità celate, delle nuove sfumature perché, come dice lo stesso Lazzotti, certi capolavori li puoi prendere da un verso o da un altro e mai nessuno è quello sbagliato e quando pensi di sapere tutto su maestri del genere scopri delle cose inaspettate. Come può accadere, ad esempio, di conoscere nuove prospettive sui disagi esistenziali raccontati da Antonioni e rendersi conto che i suoi film hanno anche un valore ferocemente politico. O ancora, pensiamo di essere cresciuti con l’analisi dell’umanità acuta e ironica di Ettore Scola e improvvisamente ci accorgiamo che avevamo sottovalutato il valore estetico di certi suoi film; insomma grazie a questi focus si riesce a percepire, se pur per un breve istante, un’incursione nel privato e nell’intimo di queste tre grandi personalità.
Grazie alla sguardo di un attrice, afferma lo stesso autore, è possibile cogliere, da un lato, i tratti del maestro-uomo che non erano visibili da tutti ma solo ad una donna che avesse avuto voglia di cercarli e, dall’altro, c’è l’opportunità di avere un approccio critico verso il cinema utilizzando un linguaggio accessibile a tutti, come accade quando una persona si confida.
Inoltre, grazie, all’approccio informale e intimo con il quale si sono poste le detentrici dei ricordi, il documentario si veste di un’atmosfera delicata che rende lo stesso accessibile a tutti coloro che vivono il cinema, lo gustano, lo bramano come spettatori attenti ed emozionabili.