“Noi siamo resistenti, questo è un quartiere di resistenza, la nostra arte è resistenza, interna ed esterna. Alla frustrazione, al lavorare tanto, allo sperimentare. Passare il tempo a lamentarsi non funziona, mettere in moto l’energia creativa e lo stare insieme invece funziona” dice Federica Tuzi delle NOCHOICE in chiusura di “Linfa” il bel documentario sull’arte e le artiste indipendenti/underground di Roma Est, ovvero quell’area complessa e particolare che abbraccia Pigneto e Torpignattara.
Resistere agli stereotipi e cambiare la società che ti vuole uniformato e ubbidiente si può. Con l’arte e attraverso il corpo. Afferma Lola Kola, stilista transgender, “possiamo fare quello che ci pare, puoi ribaltare la tua vita, noi siamo la vera rivoluzione”. E ribadisce Silvia Calderoni, attrice, dj e performer con il gruppo teatrale Motus “tutto è politica, anche il tuo corpo. Per questo noi la facciamo costantemente, perchè ci mettiamo il corpo. E il luogo in cui la facciamo diventa il nostro spazio di lavoro, ma sono le persone che fanno la differenza, quanto tu stai in apertura con ciò che ti circonda”.
Lungo i binari dei treni della linea gialla, quella che da Termini va a Giardinetti scorre una linfa vitale spropositata, un’energia creativa che la regista Carlotta Cerquetti ha ben saputo raccontare e accogliere, indagando tra le mura domestiche delle protagoniste e nei luoghi principe della loro controcultura, quei locali underground che sono esplosi ed implosi al Pigneto ma che ora stanno riaffermandosi come veri e propri incubatori di libertà e diritti.
“Ho scelto queste donne perchè sono un grande esempio di come si può vivere e resistere in questi tempi – afferma la regista – dove la cultura non è sostenuta. Ho scoperto questo mondo facendo il documentario, ho trovato un fermento, un valore intrinseco che prescinde dal risultato di pubblico. Ho trovato donne con una vitalità incredibile, e ci sono arrivata quasi per caso tramite un’amica che poi mi ha portato in un locale e ognuna mi ha portato all’altra in un sodalizio femminile splendido. Mi piace come fanno rete tra loro, come curano le relazioni l’una con l’altra”.
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Mentre ascoltavo Lola Kola, Le NoChoice (Federica Tuzi e Merel Van Dijk), Lilith Primavera, Maria Violenza, Lady Maru, Le OpaOpa aka Invasioni Balcaniche (Jonida Prifti e Iva Stanisic) e Industria Indipendente (Erika Z. Galli e Martina Ruggeri) mi veniva in testa una sola parola. Ed è urgenza. L’urgenza creativa che hanno in comune queste artiste, che non è quella di diventare famose e fare i soldi, ma fare qualcosa perchè non possono farne a meno. Si fa perchè dentro una voce urla più forte e si fa anche contro la fatica, avendo un altro (o un terzo) lavoro. E lo si fa con il sorriso e con la felicità dentro perchè comunque se ne ha la possibilità.
Guardando queste ragazze resistere, mi è venuto in mente l’Aleijadinho, un grande artista del ‘700 brasiliano. Nonostante fosse stato completamente debilitato da una malattia (forse una sclerodermia) che lo aveva costretto a vedersi amputate le dita di entrambi gli arti superiori e inferiori, continuò a lavorare con il cesello legato al dorso delle mani. In questa fase di totale sofferenza e disabilità produsse per il santuario di Congonhas le sue 12 statue più belle, lavorando di notte, vergognandosi del suo aspetto (era anche ormai quasi cieco) e siccome non poteva più stare in piedi lavorava in ginocchio appoggiato a dei cuscini. Tale era l’urgenza l’espressiva. E un po’ mi sono commossa.