Dopo varie esperienze nel campo del documentario televisivo e cinematografico a livello nazionale e internazionale, la regista Margherita Ferri giunge al grande schermo, con il suo primo lungometraggio: Zen sul ghiaccio sottile.
Il film, presentato in anteprima mondiale nella categoria Biennale College Cinema della 75° Mostra del Cinema di Venezia, e da ottobre nelle sale italiane, distribuito da Istituto Luce Cinecittò, è incentrato sulla giovane Maia, detta ZEN, una sedicenne irrequieta e solitaria che vive in un piccolo paese dell’Appennino emiliano.
In un ambiente spoglio e desolato, la protagonista diventa l’emblema della forza e dell’emancipazione di un retaggio atavico e radicato nel modo di vivere dei suoi coetanei.
Maia è l’unica ragazza della squadra di hockey locale e deve affrontare ogni giorno le continue discriminazioni da parte dei suoi compagni che non perdono occasione per bullizzarla per il suo essere diversa, o almeno diversa dai parametri ai quali sono abituati.
Quando Vanessa, l’intrigante e confusa fidanzata di un giocatore della squadra, scappa di casa e si nasconde nel rifugio della madre di Maia, tra le due nasce un legame e Maia riesce per la prima volta a confidare a qualcuno i dubbi sulla propria identità. Perché ‘Zen sul ghiaccio sottile’ è un delicatissimo e allo stesso tempo dirompente racconto che parla di identità, di discriminazione e bullismo nell’Italia profonda, di due giovani donne che crescono dentro il loro corpo e un corpo sociale che non le capisce.
Un film che affronta un tema particolarmente delicato, concentrandosi su una protagonista giovane che deve combattere contro forze più grandi di lei, come il bullismo e la discriminazione, mentre è alla ricerca di se stessa e della sua sessualità.
Le due giovani protagoniste Eleonora Conti e Susanna Acchiardi, al loro debutto sul grande schermo, sono entrambe alla ricerca della propria identità sessuale, in modo differente e contrastante ma che le spinge, all’unisono, ad emanciparsi dai ruoli che la piccola comunità le ha forzate ad interpretare. Maia e Vanessa iniziano, così, un percorso conflittuale, complicato ma anche delicato e intimamente profondo, controverse e inquiete come solo le adolescenti sanno essere.
Siamo difronte ad un racconto sul disagio e le lotte che deve affrontare chi non si conforma ai ruoli di genere e all’eteronormatività imposta dalla nostra società, un racconto che, pur affrontando tematiche così forti e profonde, scorre dolcemente e intensamente come il disco da hockey sul ghiaccio, quel ghiaccio che circonda Maia, o meglio Zen, ma che non la scalfisce mai sino in fondo. Così giovane e pure così forte che, infine, riesce ad affermarsi superando l’inutile grettezza che la circonda.
Perché, come ha affermato la stessa regista, il film, pur affondando le radici nella comunità LGBT+ e nei territori dell’Appennino Emiliano, ha comunque l’obiettivo di condurre il pubblico in quel cammino universale che porta alla scoperta di sé stessi, negli anni inquieti dell’adolescenza.