Secondo lo scrittore svizzero Alain de Botton «si può rimanere atei convinti riuscendo, almeno sporadicamente, a trovare nella religione una qualche utilità, un qualche motivo di interesse o fonte di conforto”. Per il sociologo Émile Durkheim, la religione è una serie di credenze e di pratiche condivise da una comunità”. Sono questi i presupposti di Io c’è, di Alessandro Aronadio, al suo terzo lungometraggio dopo Orecchie (2016) e Due vite per caso (2010).
Nel film la religione ritrova la propria utilità nel poter dare un contributo al miglioramento ed al benessere di un piccolo paese, con lo scopo di far nascere un’attenzione in positivo sui modi di star bene e meglio, che via via l’uomo inventa. Come evadere le tasse, per esempio.
Massimo Alberti (Edoardo Leo) è il proprietario del “Miracolo Italiano”, bed and breakfast un tempo di lusso ridotto ormai ad una fatiscente palazzina. Pochi clienti e troppe tasse. La crisi che ha messo in ginocchio la sua attività sembra non aver toccato i suoi vicini, un convento gestito da suore sempre pieno di turisti a cui le pie donne offrono rifugio in cambio di una spontanea donazione. Esentasse. Massimo ha un’illuminazione: per sopravvivere deve trasformare il “Miracolo Italiano” in luogo di culto. E per farlo, deve fondare una sua religione. Nasce così lo “Ionismo”, la prima fede che mette l’IO al centro dell’universo. Ad accompagnare Massimo nella sua missione verso l’assoluzione da tasse e contributi, la sorella Adriana (Margherita Buy), irreprensibile commercialista, e Marco (Giuseppe Battiston), scrittore senza lettori e ideologo perfetto del nuovo credo.
Ci troviamo in un periodo in cui il confronto della fede col nostro tempo, col mondo in cui viviamo si poggia sulla distinzione tutt’altro che netta tra credenti e creduloni. Ma ha ancora senso associare la credulità alla sola categoria dei credenti? “E’ fin troppo semplicistico nonché stupido, considerare i credenti soltanto come meri partecipanti di un delirio collettivo. In fondo, quello che fanno è credere in una storia, e chi fa il nostro mestiere dovrebbe conoscere bene l’importanza delle storie”, spiega Aronadio. Se da migliaia di anni, miliardi di persone hanno bisogno di credere in morti che resuscitano, fasci di luce portentosi, entità superiori magnanime o vendicative, personaggi che volano o camminano sulle acque, allora vuol dire che abbiamo bisogno di credere all’inverosimile.
Nel film la nuova religione è presa come esempio della creduloneria della gente che di fronte al credo di non pagare le tasse, perde ogni facoltà razionale. La religione vera a o falsa che sia ci serve per essere ottimisti ad oltranza, anche perché non vediamo all’orizzonte alternative davvero praticabili. L’importante è che ci faccia addormentare sereni. Lo Ionismo del film svolge questa funzione ponendo al centro dell’uomo l’Io, e non Dio. In Islanda la realtà supera addirittura la finzione. Nella piccola isola europea, dal 2013 la popolazione si sta convertendo in massa allo zuismo, una religione che ripudia il pagamento delle tasse per il sostentamento delle comunità di credenti e prevede il rimborso delle tasse ai suoi adepti.
Aronadio quindi è riuscito a emancipare la religione da una serie di tabù e a farne argomento di satira e di cruda osservazione, senza andare mai sopra le righe. “Molti mi sconsigliavano di fare il film, perché “queste sono cose serie”, “non si ride di certi argomenti. Ma penso che non ci sia niente di più grottesco di alcuni passaggi di testi sacri, di alcuni riti, di alcune regole, se li approcci con sguardo “laico”. Senza nemmeno il bisogno di distorcerli o parodiarli. In più, mi sembrava interessante raccontare una religione che “parte dal basso”.
Del resto, nell’epoca in cui viviamo, se un blogger si crede uno scrittore e uno youtuber un opinionista, perché mai un fedele non può riconoscere in se stesso un profeta?