Seduta in un angusto spazio, senza la possibilità di allungare le gambe e con la testa inclinata lateralmente a causa della curvatura degli aerei, lasciavo Cuba con la sensazione di non essere riuscita ad andare al di sotto della superficie turistica del paese.
Per due settimane ho alloggiato in una casa particular, le case private dei cubani, pensioni a conduzione familiare ma sottoposti al rigido controllo del governo cubano. La possibilità di vivere a contatto con la vera Cuba e con la gente del posto non mi ha impedito di immaginarmi in uno spettacolo ben orchestrato all’alto in perfetto stile sovietico. I cubani sono sorridenti e cordiali, amichevoli sì, ma mantengono sempre una certa distanza. Cercano lo scambio con gli stranieri ma non capisci mai fino a che punto le loro opinioni siano influenzate dalla propaganda. Ma non mi pare che noi stiamo messi meglio, anzi. Viviamo nell’era della post-verità dove l’opinione pubblica manipolata dal potere arriva fino a negare il reale.
Sarà che andare in vacanza significa spesso isolarsi dal lato oscuro della propria vita e allontanarsi dalle persone tossiche. Sarà per l’isolamento dal resto del mondo, ma a Cuba il tempo scorre a modo suo. Ci si ammala di cubanite. La realtà cubana sempre oggetto di accuse e di infatuazioni è tuttavia molto più complessa di quanto possa apparire a prima vista. Con Fidel Castro ridotto a icona della Revolucion, sono i militari ad avere conquistato il potere e questo con l’avallo del fratello del Lider Maximo, Raul che ha annunciato che abbandonerà la carica di presidente il 19 aprile di quest’anno. E se dal 2014, Barack Obama ha ripreso i rapporti diplomatici con l’isola, Donald Trump ha recentemente dichiarato che la prigione di Guantanamo resterà aperta.
Intanto il successore di Raul governerà un piccolo stato di 11 milioni di abitanti che non conta più molto sulla scena internazionale. Rimane simbolo di una certa utopia egualitaria, resistente e libertaria. Lo stato sociale cubano assicura sanità ed istruzione, mezzo chilo di carne bovina al mese per persona, un tot di riso, olio, fagioli, pollo, grano, carta igienica (poca, molto poca) e latte solo per vecchi e per bambini fino ai sette anni di età.
L’isola caraibica dei mille colori tra bellezze naturali e monumenti unici e dove le aragoste fresche sono servite per 15 euro, è una medaglia a doppia faccia. Un impiegato statale guadagna l’equivalente di 25 euro al mese, una cifra appena sufficiente per non morire di fame. Ti ritrovi a sfrecciare sul Malecon, il lungomare dell’Avana, a bordo di vecchie auto sovietiche o americane destinate alla rottamazione ma che qui hanno una seconda vita grazie al motore proveniente da una barca o da un vecchio camioncino. I tassisti sono medici, ingegneri, infermieri, professori che hanno abbandonato i bassi stipendi statali per intraprendere l’avventura del cuentapropismo, il lavoro per conto proprio che il castrismo raulista ha voluto liberalizzare per risollevare le sorti dell’economia cubana piegata da decenni di embargo americano. L’ultimo piano economico si è aperto al mercato, cedendo sempre più spazio al settore privato, ma ha lasciato al governo un forte controllo dell’economia.
Cominciava insomma ad apparire sempre più evidente che la promessa di uguaglianza e libertà, per essere anche solo parzialmente mantenuta in patria, richiede un’espansione imperialista oltre i confini nazionali. Dopo la morte di Fidel e probabilmente anche con l’elezione del nuovo presidente, il socialismo cubano sembra destinato a rimanere sostanzialmente un ibrido.
Così ho deciso di fare la turista. Perché a Cuba sei e rimani un turista nonostante i tentativi per saltare le località turistiche e immergersi in realtà locali poco conosciute. Da Vinales, Patrimonio dell’Unesco, nella provincia di Pinar del Rio, tra piantagioni di tabacco e spiagge caraibiche, sono arrivata a Trinidad, un vero gioiello dell’arte coloniale tirato a lucido finché non esci dal centro.
A Cuba sei e rimani una turista perché sei una portatrice di Cuc. Il valore di un CUC è fisso ed è uguale ad un dollaro. È la moneta degli stranieri. La vera moneta dei cubani è il pesos. Bisogna imparare in fretta a destreggiarsi nella doppia circolazione monetaria cubana che produce seri meccanismi di distorsione nel budget della vacanza.
I prezzi in pesos sono molto più bassi rispetto a quelli in Cuc. Ma i servizi per i tursiti si vendono in Cuc. Per mangiare in maniera decente bisogna andare nei ristoranti per gli stranieri e i cubani ricchi dove in cambio di valuta forte si guadagna l’accesso a cibo di qualità sicuramente più accettabile rispetto a quello che tocca ai cubani con i loro pesos. Gli alberghi dove si può pagare in moneta locale sono riservati esclusivamente ai cubani. Per muoversi, ci sono i taxi collettivi utilizzati dai locali ma accessibili anche ai turisti. Sono auto, spesso ma non sempre, vecchie e malconce ma almeno le corse si pagano in pesos. Per il resto, la separazione tra “noi” e “loro” impera ovunque.
Facendo un rapido calcolo, ho speso una grande somma di denaro ma questa non è finita nelle tasche dei cubani ma nelle casse del governo di un paese che nonostante i suoi problemi e le sue tante contraddizioni riesce comunque a garantire il minimo, seppur insufficiente, sostentamento a tutti. Proprio a tutti.