Laghi di Fusine, Lorenzo Jovanotti sta pedalando da giorni. Cortona–Fusine, 770 chilometri.
Non è un tour, non è promozione. È un bike concert. E non è una trovata pubblicitaria, ma l’unico live della sua estate 2025. Il format è semplice e folle: può assistere solo chi arriva in bici. 5.000 persone, nessuna deroga. Niente auto, niente bus navetta. La musica è il premio, il viaggio la chiave d’accesso.
Il luogo è il No Borders Music Festival, che festeggia trent’anni nel modo più imprevedibile possibile: affidando a Jova il compito di firmare il primo concerto 100% a pedali della storia. Un’avventura collettiva, come un rave per escursionisti, una festa di sudore e libertà nel cuore delle Alpi Giulie, al confine tra Italia, Austria e Slovenia.

L’idea nasce un anno fa, tra una riabilitazione e l’altra, quando Lorenzo fa un patto con se stesso: tornare in sella. «Dopo l’incidente avevo un conto aperto con la bicicletta. Volevo trasformarlo in qualcosa di bello, di mio», racconta. Ed è così che #JOVABIKEPARTY ha preso forma: prima come sogno, poi come piano, poi come viaggio. E infine come rito.
La band è quella da battaglia, la J Street Band di PALAJOVA. Saturnino, Petrella, Noochie Rigano, Kalifa Kone, una sezione fiati che scoppia come popcorn e cori pieni di groove. Non ci sono scenografie digitali, solo la potenza analogica di chi la musica la fa con le mani, con il respiro, con il cuore in levare.
Nel frattempo, il viaggio diventa racconto. Ogni tappa è un post, ogni salita un verso. I follower lo accompagnano come in un’epopea a pedali, mentre amici e musicisti si uniscono lungo la strada, trasformando il tragitto in una carovana di entusiasmo. Come in un film di Jodorowsky, ma con il Gps acceso.
Jovanotti non arriva: accade. È un’idea che prende corpo. È una canzone lunga 770 chilometri, fatta di sassi, polvere, aria sottile. È musica senza ticket, solo fatica condivisa. Un modo nuovo per stare al mondo e sopra un palco, in equilibrio instabile tra sport e poesia.
E se PALAJOVA aveva portato mezzo milione di spettatori nei palazzetti italiani, questo concerto ne ha “solo” 5.000. Ma sono 5.000 che ci sono arrivati col fiatone, con il battito accelerato e la catena ancora sporca di fango. Tutti in prima fila, tutti protagonisti.
È più di un concerto. È un atto politico, ecologico, romantico. È un’utopia che si realizza per un giorno solo. E quel giorno è il 26 luglio.