Cinque vittorie consecutive non si erano mai viste. E, proprio nell’anno in cui l’ormai mitico album di figurine ‘Figuriamoci Siena’ (edizioni Il Leccio) è dedicato ai fantini, fare una ricerca è fin troppo facile: Tittia ha aggiornato la storia del Palio. E il rischio è che la sua striscia di successi consecutivi possa anche migliorarsi.
Anche perché, dopo l’infausta morte di Andrea Mari (detto Brio), per anni il suo principale avversario, il fantino sardo-tedesco sembra non avere rivali: pensate che negli ultimi 4 anni l’unico a negargli la vittoria (e per pochi centimetri) e stato Remorex, che non è il soprannome di un altro fantino, ma il nome proprio di un cavallo che (anche lui eccezionalmente) ha vinto da scosso ben due carriere… Era lo straordinario del 20 ottobre del 2018: da quel momento solo trionfi, inframmezzati dalla pandemia.
A proposito dello strapotere mostrato dal fantino di Nurri (che deve il suo soprannome all’omonima parola dialettale “Tittia” che dal sardo è traducibile come “Ho i brividi dal freddo”, ed era l’espressione che usava appena trasferito a Siena quando aveva 17 anni e si alzava presto per montare a cavallo nell’inverno senese), qualche giorno fa il collega Giovanni Mazzini ha proposto una disamina sul quotidiano “La Nazione” dal titolo “Se il Palio non diverte più: dalla ’dittatura’ del Tittia alla danza immobile delle monte in poche ore”.
In quell’articolo il giornalista evidenzia come il recente Palio di Provenzano del 2 luglio abbia lasciato a Siena “una lunga coda di commenti e considerazioni irritati che hanno imperversato sui social. Si lamenta dai molti scontenti che “questo non è più Palio”, intendendo con ciò che il cosiddetto sistema instaurato da Tittia negli ultimi anni abbia appunto snaturato la giostra plurisecolare”.
Lo stesso ricorda che di dominatori – specie dopo che il Palio è diventato una giostra per fantini (e cavalli) professionisti, ossia soggetti che si allenano tutto l’anno per partecipare alle due Carriere di luglio e di agosto sul tufo di Piazza del Campo – ve ne sono stati diversi: da Aceto si è passati a Trecciolino, fino ad arrivare a Scompiglio, che certo non è paragonabile con i predecessori ma che di trionfi ne aveva inanellati 3 consecutivi tra il 2016 e il 2017 per poi approdare al dominio di Tittia.
Tuttavia, l’articolo poi lamenta che la “componente ludica nel ’fare il Palio’ sta scomparendo a vista d’occhio” mentre, a mio avviso, a fare da contraltare al potere del fantino è la difficile gestione da parte delle Contrade delle regole del gioco secolare.
In particolare ci sono tre aspetti che proviamo ad analizzare per stimolare le riflessioni su quanto sta accadendo:
- i numeri delle vittorie recenti;
- l’importanza della rivalità;
- la gestione dei cavalli.
Statistiche
Senza entrare nel merito delle singole strategie, i dati sulle vittorie dal 2000 ad oggi ci dicono parecchie cose interessanti su come sia cambiata la gestione del Palio: infatti, a vincere di più in questo primo scorcio di secolo non sono le contrade principali (per numero di vittorie totali) o quelle più popolose (se questo sta a significare più ricche), bensì le più piccole e in particolare quelle senza rivali. E questo forse non è un caso.
Su tutte spicca proprio l’ultima contrada vittoriosa, vale a dire la Selva che, se escludiamo gli anni della pandemia in cui non si è corso, in vent’anni ha totalizzato 7 vittorie (che diventano 18 dal secondo Dopoguerra, un record!).
Sette vittorie in nemmeno un quarto di secolo è un numero impressionante: pensate solo al fatto che, ad esempio, il Bruco dal 1912 e per tutto il Novecento ha vinto solamente 3 volte, mentre la Torre ha vinto una volta in 44 anni (e sempre in tutto lo scorso secolo ha ottenuto solo 5 trionfi…)
Ma il dato della contrada di Valle Piatta da solo non evidenzia cosa sta succedendo al Palio e va combinato con un altro numero indicativo: sempre negli ultimi venti anni, 11 Palii se li sono aggiudicati tre contrade senza nemici (ossia Drago, Giraffa e Bruco con queste ultime due che, proprio qualche anno fa, hanno concluso la propria rivalità): significa che quasi la metà delle carriere è stata vinta da contrade senza avversari.
Può essere una casualità? Non sembra, anche perché, per contro, le prime sei contrade plurivittoriose, se andiamo ad escludere lo stato di grazia della Tartuca, hanno ottenuto la miseria di 6 Palii (3 Oca, 2 Torre e uno Valdimontone) mentre il Nicchio e la Chiocciola aspettano di festeggiare dal secolo scorso…
Rivalità
Ecco allora che forse, anzi per forza, bisogna che le dirigenze guardino non tanto al proprio cortile, ma a rielaborare i tradizionali concetti di impostazione del gioco: perché vista anche la grande difficoltà economica, oltre all’altrettanto importante situazione di spopolamento del territorio, portare avanti la duplice strategia di vincere a tutti i costi e, in ogni caso, non far vincere l’avversaria, sono propositi difficili da realizzare insieme, in una logica che merita ben più di una semplice riflessione ma, certamente, pone una questione:
ha ancora senso pagare per non far vincere la nemica, specie se nemmeno si è al canape?
Certo, qualcosa si muove, se è vero che la rivalità tra Onda e Torre è recentemente diventata ‘unilaterale’, laddove l’Onda non viene più riconosciuta come nemica dalla Torre. Lo so è dura da accettare e farà certamente storcere il naso ma – lo scrivo – il pensare ad un futuro dove le nemiche (alcune almeno) non si mettano a spendere soldi contro l’avversaria, se non quando si ritrovano in Piazza insieme, potrebbe non essere più uno scenario così impossibile da manifestarsi…
Cavalli
Eppoi c’è la gestione dei cavalli, altro elemento critico che tanto scatena polemiche. Si narra che a luglio la votazione dei capitani sia stata effettuata tre volte prima di scegliere il lotto dei dieci destrieri da portare al canape e che le prime due fossero finite in pareggio, mentre solo nella terza si era generata una esigua vittoria 6-4 a favore del lotto poi scelto. E’ plausibile che la materia del contendere fosse la presenza o meno del castrone baio “Tale e quale” come bombolone da affiancare a Violenta da Clodia quale punta di diamante per le assegnazioni. Tittia non avrebbe gradito il dover gestire un cavallo considerato potente e capace di battagliare con la sua cavalla preferita: tuttavia, l’accontentare il fantino ha significato giocare alla roulette puntando tutto su un unico numero, in questo caso l’1 dell’assegnazione.
Certo il malumore è palese ed essere capitano oggi non è certamente un ruolo che invidio, anche pensando al difficile scenario che proprio i capitani sono chiamati a disegnare nell’immediato futuro (oltre a dover spiegare il loro pensiero strategico sull’annata paliesca nelle prossime assemblee)…
Va da sé che, se in futuro ci si aspetterà solamente che la dea bendata destini il suo favore ai propri colori, assegnando il (unico?) “cavallo bono”, allora Tittia – che con grande maestria e in modo impeccabile, va detto, ormai ha costruito un impero anche relativo alla gestione dei fantini a lui vicini da piazzare a piacere nelle altre monte – potrà in poco tempo superare le fantomatiche 14 vittorie di Aceto.
Ecco allora che, alla luce dei tanti cambiamenti in corso, una certa visione di Palio, per così dire romantica, non può essere più considerata un fattore davanti ad un’impostazione di professionalità generale.
Eppure, resta un ottimismo di fondo sugli scenari del domani che ci aspettano. Del resto, il Palio di Siena è sempre stato una Festa fuori da ogni logica: non vedo perché non attendere qualcosa di ‘straordinario’ anche stavolta.
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