“Parlare del corpo è un errore; parlare di qualcosa significa trattarlo come un oggetto, come una cosa, e quindi essere già in una prospettiva che il corpo sia altro da noi”. U.Galimberti
Quali migliori parole per definire il lavoro di Mariantonietta Bagliato, artista barese che gioca tra arte e teatro di figura, sperimentando varie discipline come performance, installazioni e azioni di arte pubblica, privilegiando l’utilizzo di scampoli di stoffa come sineddoche dell’identità fluida.
La citazione di Galimberti si addice, in particolare, al nuovo progetto dell’artista, ‘Meravigliosa creatura’, realizzato ad hoc per il Bari International Gender Film Festival . Infatti, tra le tante attività organizzate dal BIG, che vede la direzione artistica di Miki Gorizia e Tita Tummillo, si è dato spazio ad eventi artistici collaterali. ‘Meravigliosa creatura’, che sarà inaugurata sabato 23 marzo presso la galleria Doppelgaenger di Bari, si inserisce nella programmazione del BIG e si pone come la rappresentazione degli istinti primordiali e animaleschi nascosti nel nostro ES. I fruitori, infatti, si troveranno dinnanzi a delle opere dove il connubio tra corpo e spirito si respira inevitabilmente; i corpi trasformati in volti prendono vita come se fossero ritratti di famiglia.
I corpi fluidi si concretizzano nello sguardo, a volte amorevole, a volte sensuale, a volte aggressivo, in un collage dove stoffe e immagini si esplicano in materia e verità.
Per l’occasione Thespot.news ha intervistato l’artista Mariantonietta Bagliato.
Partirei chiedendoti come hai iniziato a fare l’artista?
Non c’è un vero inizio. Sin da bambina amavo passare il mio tempo disegnando e creando oggetti. Sono cresciuta in un ambiente impregnato di arte tra marionette, teatrini e scenografie. Mia madre, infatti, originaria di Praga, è una marionettista e il suo lavoro ha influito profondamente sul mio pensiero estetico. Per questo motivo le mie scelte sono sempre molte chiare: ho scelto di frequentare il liceo artistico e ho continuato con l’Accademia di Belle Arti di Bari. All’inizio il mio lavoro era basato su una ricerca tecnica tradizionale, come pittura ad olio, disegno dal vero e poi mi sono approcciata all’arte contemporanea. Nel mio percorso ho avuto la fortuna di incontrare dei maestri artisti che mi hanno orientato e supportato nella mia crescita personale ed artistica.
Il tuo stile è ormai ben delineato, da cosa è caratterizzato il tuo linguaggio artistico?
Il mio linguaggio è caratterizzato dall’uso di stoffe. Da queste creo ‘sculture morbide’, installazione e ‘disegni cuciti’. Credo che la stoffa abbia un potere sinestetico e, quindi, in essa ognuno possa trovare una parte di sé. La stoffa, inoltre, si presta alla creazione di forme morbide, avvolgenti e che assumano una forma definita nello spazio in grado di stimolare più sensi da quello visivo a quello tattile. Difatti lo spazio, per me, è fondamentale perché le mie installazioni dialogano con i luoghi e quindi sono attraversabili, abitabili e, a volte, interattive.
Come nasce la tua arte, cosa ti ha ispirato?
La mia estetica trae origine dal teatro di figura e per questo motivo creo delle ‘sculture’, delle forme che si ispirano a marionette, elementi scenografici, elementi simbolici tratti dalla mitologia e dalle fiabe e anche dalla realtà.
Durante la mia infanzia, oltre alla grande influenza da parte di mia madre, ho trascorso molto il tempo a Praga e lì ero affascinata dai cartoni d’animazione di autori Cechi e Russi tra cui Jiří Trnka e Jan Švankmajer. La mia ricerca è diventata, dunque, una sintesi dell’estetica Ceca fusa con quella degli artisti italiani dell’arte povera.
E’ tutt’ora in corso, a Roma nello spazio ‘Casa vuota’, una mostra dal titolo ‘A destra, secondo piano’. Come è nata l’idea e quali opere hai creato per l’occasione?
La mostra è stata curata da Santa Nastro nello spazio di Francesco Paolo del Re e Sabino De Nichilo e ha coinvolto, oltre me, le artiste Patrizia Piarulli e Natascia Abbattista.
L’idea è nata dal concept dello spazio in cui è stata ospitata, la location, infatti, è un vero e proprio appartamento nel quale abbiamo deciso di organizzare una ‘festa’. La mostra è stata coniata come una autentica festa in casa e anche il titolo deriva dalle tipiche indicazioni che si forniscono al citofono per raggiungere la ‘Casa vuota’.
La mostra è nata, dunque, per rievocare le memorie che tutti conserviamo delle feste in casa e si pone come metafora della nostra “generazione post-party” e il lento distacco da essa in un presente sempre più complesso. Ho lavorato con grande sinergia con le altre due artiste e pur avendo realizzato delle opere personali siamo riuscite a farle dialogare negli spazi come un’unica installazione. Ho rielaborato dei ricordi di infanzia ovvero i momenti di una mia festa nella quale mia madre realizzò il suo primo spettacolo di marionette. La festa, quindi, l’ho intesa come situazione in cui nascono nuove relazioni e nuove opportunità. La festa crea cultura.
A breve si inaugura ‘Meravigliosa creatura’, un tuo nuovo progetto, di cosa si tratta?
‘Meravigliosa Creatura’ è un progetto realizzato per il Bari International Gender Film Festival. Ho realizzato una serie di opere in cui trasformo i corpi in volti. È stato un processo molto istintivo, già sperimentato in passato, in cui si alternano diverse opere: sculture morbide e una serie collage cuciti fatti da scampoli di stoffa e fotografie di corpi creando delle figure destabilizzanti, grottesche ma anche “meravigliosamente corpi” in un gioco disinibito di sguardi e di seduzioni.