In Iran, le porte del carcere non si aprono mai senza sollevare domande. Anche il cinema di Mohammad Rasoulof, regista iraniano da tempo in contrasto con il regime, si muove in un contesto di repressione e censura. Il suo ultimo lavoro, Il seme del fico sacro, girato in gran segreto, è stato realizzato in segreto, e non a caso. Rasoulof ha dovuto fuggire dall’Iran dopo essere stato condannato a otto anni di prigione, trovando rifugio in Germania. Il film, vincitore del Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes e candidato all’Oscar per il Miglior Film Internazionale, arriverà nei cinema italiani il 20 febbraio, distribuito da Lucky Red e Bim Distribuzione.
Dopo il successo di Il male non esiste, premiato con l’Orso d’oro a Berlino, Rasoulof torna a raccontare una vicenda familiare che diventa il riflesso di un’intera nazione, dove il regime dei mullah continua a restringere le libertà sociali e a imporre un duro controllo sulle donne. Al centro della storia troviamo Iman, sua moglie Najmeh e le loro figlie, Rezvan e Sana. Mentre la città è scossa dalle proteste per la morte di una giovane donna, la famiglia di Iman festeggia la sua promozione a giudice istruttore del Tribunale della Guardia Rivoluzionaria. Ma la pressione del nuovo incarico e le tensioni sociali si insinuano tra le mura domestiche. Quando la sua pistola scompare misteriosamente, Iman sospetta delle donne di casa, dando inizio a un’indagine che rompe ogni equilibrio e supera ogni limite.
Le giovani donne del film si fanno portavoce di una resistenza silenziosa, specchio di una generazione che lotta contro il peso di un potere patriarcale e oppressivo. In questo contesto, Il seme del fico sacro diventa simbolo di una battaglia più ampia, quella di un popolo che cerca libertà e cambiamento.
Rasoulof costruisce un’opera intensa e coraggiosa, mescolando finzione e realtà in un racconto che colpisce nel profondo. Le immagini delle proteste reali amplificano la tensione di una narrazione già densa di significato, sebbene non priva di difetti. Il ritmo, soprattutto nella seconda metà del film, diventa più pesante, sacrificando la caratterizzazione dei personaggi a favore della forza allegorica del racconto.
Ma al di là delle imperfezioni, Il seme del fico sacro rimane un’opera di straordinario impatto, un manifesto di dissidenza e resistenza che va oltre il cinema e si fa testimonianza di un coraggio che non conosce confini.