Partiamo dal momento che nessuno dimenticherà: Sei nell’anima, suonata come fosse un rito collettivo. Gianna Nannini, al centro del palco, lascia cantare il pubblico. Tutti in piedi, braccia alzate, occhi lucidi. C’è chi la canta sottovoce, quasi fosse una preghiera. E chi urla, con tutto il fiato che ha in corpo.
Uscire dal concerto al Palazzetto dello Sport di Roma lascia addosso una sensazione di energia e malinconia insieme. Come se quelle due ore avessero condensato una vita intera, trasformando ogni canzone in un ricordo condiviso. È una serata che non verrebbe voglia di raccontare. Più facile tenerla per sé.
La scenografia non vuole strafare, ma funziona. Pochi elementi: un muro di led che alterna immagini in bianco e nero, luci che sembrano tagliare l’aria, catene di ferro a incorniciare il palco. Essenziale, ma d’impatto. Quando si spengono le luci, e parte Fotoromanza, il pubblico esplode. Non è un ingresso in punta di piedi. È un pugno allo stomaco.
Il ritmo non si ferma. I maschi, con il suo groove ancora attuale, fa ballare tutti, mentre America è un inno generazionale che travolge anche chi non l’ha vissuto in diretta. Gianna non si ferma mai, la sua voce graffia e abbraccia allo stesso tempo. 1983, anno in cui ebbe una crisi d’identità molto grave e Silenzio, sorprendono: non sembrano fuori posto, anzi, aggiungono nuove sfumature al repertorio.
Ma è con Meravigliosa creatura che la serata cambia ritmo. Solo voce, niente strumenti. Il silenzio nel palazzetto è quasi surreale, e quando il pubblico riprende fiato, l’applauso dura interminabili secondi. È il momento più intimo, quello che ti porti a casa. La band non è solo un contorno. Simon Phillips alla batteria è una macchina perfetta, mentre Davide Tagliapietra alla chitarra sporca i pezzi con quel tanto di imperfezione che li rende vivi. Ogni assolo sembra improvvisato sul momento, ma non lo è. La loro intesa con Gianna è totale: basta uno sguardo per cambiare il tono di una canzone.
L’ultima tappa del Sei nell’anima Tour cala il sipario senza effetti speciali, senza orpelli: solo Gianna e la sua band che regalano l’ultimo saluto a un pubblico stanco, ma con il cuore pieno. Ed è proprio questo il punto: non serviva altro. Mentre si torna a casa, c’è nell’aria quella sensazione speciale, quasi intangibile, di aver assistito a qualcosa di raro. Non solo un concerto, ma una serata in cui tutto ha funzionato, dall’energia sul palco alla magia che si è creata tra artisti e spettatori.